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La forza comunicativa delle città storiche

Quando una rinomata influencer si fa fotografare davanti a un affresco come la Maestà di Simone Martini mostra a tutti che il marchio-Siena, con la sua reputazione durevole, è più forte di quello legato alla fuggevole vita dei social

La forza comunicativa delle città storiche
La Maesta du Simone Martini
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Gabriella Piccinni Modifica articolo

12 Settembre 2023 - 18.59


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Una forza comunicativa potente scaturisce dal superbo patrimonio architettonico e artistico che continua da secoli a plasmare l’immagine e la reputazione di molte città italiane di impianto medievale. Quando una rinomata influencer si fa fotografare davanti a un affresco come la Maestà di Simone Martini mostra a tutti che il marchio-Siena, con la sua reputazione durevole, è più forte di quello legato alla fuggevole vita dei social. E che, in definitiva, la Maestà di settecento anni fa è più forte di “sua maestà” Ferragni, perché proietta una immagine ancora in grado di parlare a gente comune o a giovani utenti dei social media. E dunque non è una delle belle tra le belle città storiche italiane ad aver bisogno di un nuovo effimero idolo di passaggio ma piuttosto il contrario. 

Siena conta oggi circa 54.000 abitanti, più o meno quanti ne contava, appunto, settecento anni fa. Allora era tra le grandi città europee, oggi tra le medie italiane. Siena è però molto amata e conosciuta e, vista da fuori, viene idealizzata come luogo di arte e cultura, di una eccezionale festa di popolo, di bel paesaggio e buon cibo. Il suo vino e la sua musica sono considerati, su piani diversi, eccellenze internazionali. E una casa nel Senese, magari in Valdorcia o nel Chianti o a Montalcino, è il sogno di tantissimi nordici. Convinzione molto radicata è poi che Siena sia terra di intrighi avvincenti difficili da capire da fuori, dei quali il suo Palio è metafora efficace. Contemporaneamente vi si vede qualcosa del carattere toscano, un po’ narcisista e autoreferenziale anche se a tratti geniale.

Insomma, la magnificenza stessa di Siena contiene in sé un rischio temibile, quello che potrebbe renderla alla fine solo una cittadella splendida e orgogliosa, però fragile come lo sono state le sue mura medievali, sogno possente di autonomia eppure espugnate nonostante l’eroismo dei suoi uomini e della sue donne: e dunque, fuori di metafora, bella terra di facile conquista e di ricchi bottini da parte di strutture esterne più forti, come ogni luogo che smetta di diversificare le proprie caratteristiche e si faccia attrattore solo di operatori turistici per la gioia di vacanzieri più o meno colti o sia popolato solo da mistici custodi delle proprie bellezze.

Questa visione, quest’insieme di luoghi comuni e di forti tentazioni, possono essere smentiti e ricacciati indietro con i fatti e con la volontà degli abitanti delle città d’Italia di tornare a essere, come in passato, crocevia europei e di mettersi in grado di parlare anche a un mondo globalizzato. 

Così, può diventare di qualche utilità attingere anche alla storia profonda, dalla quale provengano lezioni di particolare creatività che per Siena sono, ad esempio, quella di aver difeso dalla speculazione edilizia le valli verdi dentro le mura, di aver proposto per prima in Europa la chiusura del centro antico al traffico delle auto, di aver dato vita a una delle principali e antiche banche italiane (il Monte dei Paschi), a uno dei più antichi tra i grandi ospedali europei (il Santa Maria della Scala), a capolavori  dell’arte e dell’architettura europea come il Duomo e il palazzo del Comune con tutte le meraviglie che contengono, ad accademie musicali internazionali (l’Accademia Chigiana e il Siena Jazz), a istituti di avanguardia nel mondo dei vaccini (l’Istituto Sclavo), a una festa di popolo che non ha eguali nel mondo.

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