di Gabriella Piccinni
L’immobilità della vita medievale è una leggenda. Anzi, gli spostamenti di popolazione sono tra le manifestazioni più appariscenti delle grandi trasformazioni sociali ed economiche del mondo medievale.
Certamente una grande e rinnovata mobilità coinvolse le popolazioni soprattutto nel secondo millennio, quando all’Europa ‘in isolamento’ si sostituì a poco a poco una Europa ‘in comunicazione’.
Uomini e merci circolarono sempre di più sia all’interno, tra le regioni e i paesi europei, sia all’esterno, tra l’Europa e gli altri paesi e continenti. Si spostavano pellegrini verso i santuari, contadini verso le città, mercanti verso le fiere, crociati verso la Palestina, studenti verso le Università. Si trattò di un processo che si protrasse per alcuni secoli: come al solito, niente avvenne da un giorno all’altro.
Quando il commercio riprese vivacità, nel Mediterraneo confluirono due vie da oriente, quella terrestre delle carovaniere dell’Asia centrale e quella marittima che partiva degli scali nel golfo Persico, nel Mar Rosso e anche nell’Oceano indiano; dai porti del Mediterraneo orientale, sui quali confluivano le due vie e lungo i quali i mercanti europei stabilirono le proprie agenzie, i carichi continuavano verso l’Italia che divenne il perno del sistema. A nord un itinerario importante collegò tra loro Russia, Scandinavia, Inghilterra, Francia del Nord; il perno del sistema divenne qui la Fiandra, un’area corrispondente grosso modo agli odierni Belgio, Olanda e la Francia del nord.
Si trattava di paesi talvolta molto distanti tra sé, messi in comunicazione dai nuovi scambi. Era stato necessario individuare, perciò, dei luoghi di ‘appuntamento’ (le fiere) nei quali i mercanti di professione potessero facilmente far confluire le merci che volevano vendere all’ingrosso e trovare quelle che volevano comprare. Alle fiere affluiva un gran numero di persone che maneggiava forti quantità di denaro e di merci.
Portavano con sé il grano del Centro Europa, il sale estratto sulle coste atlantiche o dalle saline di Comacchio, la bella lana delle pecore d’Inghilterra, i caldi tessuti della Fiandra, il vino francese. Date le distanze, la maggior parte dei mercanti in viaggio verso le fiere non era specializzata in un solo tipo di merci. Non si era mercanti di stoffa, o di spezie o di pellicce. Si era invece “mercanti che vanno in Fiandra” o “in Inghilterra” o “alla Champagne”.
Quello che interessava era avere la stessa meta geografica per far fronte insieme alle spese di organizzazione del viaggio e alle difficoltà ed ai pericoli della strada: non a caso all’inizio i mercanti erano stati costretti a viaggiare come bande armate, raggruppati in carovane, dove la sicurezza nasceva dal numero.
Fiere importanti, con un’ampia offerta di merci e un considerevole movimento di operazioni finanziarie, si tenevano in Inghilterra, a Colonia, nella Fiandra, vicino a Parigi e in Borgogna. Ma tutte erano superate dalla rete della Champagne, dove si tenevano sei fiere, ognuna della durata di sei settimane.
Seguiamo un mercante italiano mentre passa le Alpi con i suoi prodotti tra dicembre e gennaio, percorre la via di Marsiglia e del Rodano ed arriva a Lagny-sur-Marne in tempo per la prima fiera dell’anno. Là opera con un ritmo di affari stabilito: i primi giorni frequenta la fiera dei tessuti, poi quella del pellame e delle pellicce, infine quella cosiddetta delle “merci che si vendono a peso”, soprattutto spezie. Gli ultimi giorni li dedica ai pagamenti.
Ha giusto il tempo di tornare in patria, vendere i prodotti del Nord, rifornirsi dal Sud ed è pronto per partire per la seconda fiera che si tiene in Quaresima, a Bar-sur-Aube. Seguono poi la terza in maggio a Provins alta, la quarta in luglio-agosto (fiera calda) a Troyes, la quinta in settembre a Provins bassa. La sesta in ottobre (fiera fredda) a Troyes chiude il ciclo dell’anno e il mercante può lasciare la Champagne e fare ritorno a casa.
Qualche tempo dopo Francesco Balducci Pegolotti, direttore della succursale londinese di quella compagnia fiorentina dei Bardi, descriveva in un manuale per i commercianti gli usi mercantili di molte piazze di affari nel Mediterraneo, nel Mar Nero, in Armenia, Persia, Turchestan, Mongolia e Cina, informando anche sulla durata media di ogni viaggio. È da lui che veniamo a sapere, ad esempio, che occorrevano circa 250 giorni per spostarsi da Caffa, nella penisola di Crimea, fino a Pechino.
Di seguito gli articoli precedenti della rubrica “Viaggiando con la storia”
1) Clicca qui per leggere il primo articolo “Tappeti volanti e stivali magici”
3) clicca qui per il terzo articolo:”C’ è una strada nel bosco”
4)Clicca qui per il quarto articolo: ” Prima che faccia scuro, i pericoli della notte”
5)Clicca qui per il quinto articolo:“Con bisaccia e bordone il pellegrino va per le sue vie”
6) Clicca qui per il sesto articolo: “Alla scoperta dell’ Asia. Di ciotola di riso in ciotola di riso”