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Cosa non si fa per un like?

La nostra società sembra essere sempre più dipendente dalla visibilità social, e mentre ci sono persone che rischiano la vita per salvarne altre, ci sono avventurieri sconsiderati che approfittano del maltempo per fare video da condividere.

Cosa non si fa per un like?
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Irene Perli Modifica articolo

13 Novembre 2023 - 15.38


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Di Irene Perli

Proseguono le operazioni di soccorso per la popolazione colpita dall’esondazione del Bisenzio: da ogni parte d’Italia giungono camion carichi di viveri, indumenti e squadre di volontari. Mentre preparavo il mio pacco da inviare agli sfollati, ho visto alcuni video piuttosto inquietanti di individui che, durante il maltempo, si sono avventurati lungo il litorale tra Toscana e Liguria alla ricerca di venti secondi di notorietà da condividere sui social.

Riprese ravvicinate di onde imponenti accompagnate da esclamazioni di meraviglia in sottofondo… neanche i comunicati diffusi dai Vigili del Fuoco sono riusciti a dissuadere queste persone dalla pericolosità di tali comportamenti.

Mi sono quindi chiesta: fino a dove ci si può spingere per accaparrarsi un like o una visualizzazione in più? In un’era in cui la corsa alla visibilità sui social sembra essere diventata una priorità, sempre più persone si trovano a intraprendere comportamenti rischiosi pur di condividere un momento “da pubblicare” online. La frenesia di apparire e condividere esperienze in tempo reale ha portato a situazioni al limite della pericolosità, come dimostrato dai numerosi video che mostrano avventurieri spericolati che non sembrano rendersi conto della potenza distruttiva dell’acqua.

Questo fenomeno solleva importanti questioni sulla nostra società sempre connessa, sulla necessità di riflettere sulla priorità data alla visibilità online rispetto alla propria sicurezza personale. La sfida consiste nell’imparare a bilanciare il desiderio di condivisione sui social con la consapevolezza dei limiti e dei rischi reali che possono derivarne, mantenendo sempre la sicurezza personale come priorità. Si, ormai è diventata una sfida tentare di non mettersi in pericolo per avere un contenuto social esclusivo. Non sembra tutto troppo avvilente? Soprattutto perché a causa dello stesso maltempo ci sono persone che, senza aver avuto scelta, si ritrovano senza luce, senza acqua, senza casa e senza vita, mentre persone che fortunate si arrischiano volontariamente per avere un video sul cellulare da far vedere agli amici.

Ciò non riguarda solo emergenze o eventi straordinari, ma si manifesta anche nelle attività quotidiane. Ad esempio, alcune persone rischiano la propria incolumità pur di ottenere la foto perfetta, magari sfidando i limiti di sicurezza in luoghi pubblici o in prossimità di precipizi. La pressione di conformarsi agli standard di bellezza e di vita ideale promossi sui social media spinge molti a mettersi in situazioni pericolose pur di ottenere la “foto perfetta” che possa suscitare l’ammirazione degli altri.

Qual è, quindi, l’impatto dei social media sulla percezione della realtà e sulla costruzione della propria identità online? La corsa alla visibilità può portare a un distacco tra la vita reale e la rappresentazione di sé online, con conseguenze potenzialmente negative per la salute mentale e il benessere psicologico. È essenziale promuovere una cultura di responsabilità digitale che incoraggi la consapevolezza dei rischi connessi all’esposizione e che valorizzi la genuinità e l’autenticità, piuttosto che l’eccessiva ricerca di approvazione virtuale a tutti i costi.

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