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La materialità del digitale: ma quanta energia consuma un nostro clic?

A dispetto di quanto si possa pensare, le infrastrutture che sostengono la nostra attività digitale sono molto più hard, più concrete, di quanto crediamo. E in quanto tali consumano energia, anche tanta.

La materialità del digitale: ma quanta energia consuma un nostro clic?
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Agostino Forgione Modifica articolo

17 Luglio 2023 - 17.39


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Cloud, on-demand, wireless, stream e chi più ne ha più ne metta; si tratta di termini che, nell’immaginario comune, richiamano l’idea di intangibilità e leggerezza, di qualcosa di etereo e impalpabile. In molti, forse troppi, non si chiedono neppure da dove e in che modo arrivino e partano i dati dai dispositivi digitali che utilizzano: qualcuno ricorderà pure che un film scaricato da internet occupi della memoria, ma vedere lo stesso film su Netflix porta a trascurare dove quel film sia conservato ma soprattutto come arrivi al nostro schermo. La verità, di fatto, è che il mondo digitale è estremamente più materialedi quanto crediamo e che ogni singolo nostro bit che produciamo o riceviamo è materialmente allocato da qualche parte.

La mail che abbiamo appena inviato, la gif di gattini inoltrata da nostra zia o il post che abbiamo appena pubblicato passano attraverso doppini e cabine telefoniche ma soprattutto cavi sottomarini, spesso transoceanici: “Marea”, la dorsale in fibra ottica realizzata con una collaborazione tra Microsoft e Meta, ne è l’esempio. Si tratta di un cavo di 6600 km che attraversa l’Atlantico collegando il Nuovo e il Vecchio Continente, capace di trasportare un’immane mole di dati: nel 2019 ha toccato il record di 26,2 Terabit al secondo, pari a circa 3250 Gigabyte. A livello globale, il 97% del traffico internet passa proprio attraverso questi cavi.

Quest’ultimi fungono però solo da “autostrade” che collegano i nostri device ad enormi data center sparsi qua e là nel globo. Data center che consumano tangibilissima energia, e anche molta. Prendendo in esame il report “2020 Data Disclosures” pubblicato da Facebook, la piattaforma dichiara che nell’insieme i suoi data center abbiano consumato 6.966.000 MWh; per fare un confronto, secondo i dati ISTAT elaborati da Comuni e Città, il consumo energetico della Lombardia nel 2014 è stato di 2.293.579 MWh. Numeri che parlano da soli.

È questa l’ennesima critica alle “piattaforme brutte e cattive”, colpevoli tra le altre cose di star dilapidando enormi quantità d’energia, con tutte le conseguenze che ne derivano? Assolutamente no, perché, di fatto, quella energia la consumiamo noi. L’invito è, quindi, quello di prendere consapevolezza del fatto che anche pubblicare la foto della nostra ultima uscita a ristorante ha un concreto impatto di cui, spesso, neppure siamo consapevoli.

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