Gli etruschi chiamavano se stessi rasna. E per quel popolo un elemento sostanziale di conoscenza e arricchimento era il viaggiare e il confrontarsi con altre culture o altre città. Per cui non c‘era una singola “Etruria”, erano più “Etrurie”. È improntato sul tema del viaggiare e del confronto con terre e paesaggi, l’impianto della mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna” che il Museo Civico Archeologico di Bologna ha appena aperto e dove resta fino al 24 maggio 2020 e che raccoglie circa 1400 oggetti da 60 musei ed enti italiani e internazionali.
Le curatrici e il curatore (Laura Bentini, Anna Dore, Paola Giovetti, Federica Guidi, Marinella Marchesi, Laura Minarini, Elisabetta Govi, Giuseppe Sassatelli) nel catalogo scrivono: «Il viaggio porta con sé, con immediatezza, un’altra chiave, quella del paesaggio. Una chiave estremamente importante oggi, dove tanta rilevanza assume lo sguardo sul rapporto fra uomo e territorio. Paesaggio come essenza, natura di un luogo, di una regione, ma anche frutto dell’interazione con le comunità che lo abitano. E proprio negli ultimi periodi questa è stata anche chiave della ricerca sugli Etruschi, nella quale sono state valorizzate le vocazioni delle differenti aree, proprio a partire dal loro rapporto con le condizioni geografiche e paesaggistiche. Non un’Etruria, ma diverse Etrurie, pur nella storia di un unico popolo».
Il territorio etrusco era infatti alquanto vasto. Dalle «nebbiose pianure del Po fino all’aspro Vesuvio, attraverso paesaggi appenninici e marini, lungo strade e corsi fluviali», rammentano nella nota stampa gli organizzatori. Il che ci ricorda come certa mitologia politica tutta fondata sulla romanità abbia trascurato, per volontà e per ignoranza, capitoli essenziali del nostro passato fatto di intrecci e popoli e confronti, non di chiusure.
Promuovono la mostra Istituzione Bologna Musei – Museo Civico Archeologico, con la cattedra di Etruscologia e Antichità italiche dell’Università bolognese, realizzata da Electa.
L’aristocrazia etrusca a Orvieto
Che quel popolo riservi una messe di storie e informazioni e possibili scoperte è assodato e la cultura archeologica ha motivo di approfondire. E in una terra etrusca per antonomasia, l’odierna Orvieto, il Museo Claudio Faina insieme al Comune organizza ogni fine anno un convegno internazionale su ritrovamenti e approfondimenti: quest’anno è in corso fino alla mattina di domenica 15 e su un tema specifico, l’aristocrazia etrusca.
All’appuntamento convergono annualmente etruscologi di lungo corso e, giustamente, giovani studiosi. L’argomento di quest’anno è “Ascesa e crisi delle aristocrazie arcaiche in Etruria e nell’Italia preromana”, il luogo è la Sala dei Quattrocento del Palazzo del Capitano del Popolo e chiunque lo desideri può ascoltare. Merita però non farsi scappare una visita al museo etrusco: ha una raccolta contenuta ma coerente e con qualche pezzo entusiasmante come quel cippo a testa di guerriero del VI secolo a.C. che l’archeologo direttore dell’istituto, nonché organizzatore del convegno, Giuseppe M. Della Fina, ha descritto a Radio3 per la trasmissione adesso trasposta in un libro Museo nazionale.