Non più solo razzi e satelliti: l’innovazione che potrebbe cambiare per sempre la colonizzazione dello spazio arriva da una stampante 3D. E il materiale? Il suolo lunare stesso.
Nel novembre 2024, una serie di mattoni simulati, realizzati con un materiale simile alla regolite lunare, è stata spedita a bordo del cargo Tianzhou-8 verso la stazione spaziale cinese. Scopo della missione: testare la resistenza meccanica, la conducibilità termica e la capacità di schermare le radiazioni di questi prototipi. Sono prove decisive per quello che sarà il prossimo balzo dell’uomo: costruire sul suolo lunare.
Tutto questo rientra in un piano di largo respiro. Si chiama International Lunar Research Station (ILRS) ed è il progetto guidato dalla Cina per dar vita a una stazione scientifica permanente sul polo sud della Luna entro il 2035, con un’espansione pianificata per il decennio successivo. Finora, hanno aderito 17 paesi e oltre 50 enti di ricerca, confermando l’interesse globale per una cooperazione extraterrestre.
Al centro di questo sogno c’è una nuova tecnologia sviluppata dal Deep Space Exploration Laboratory (DSEL) di Hefei: una macchina in grado di trasformare la regolite lunare in mattoni ad alta densità, senza additivi chimici. Come? Concentrando la luce solare con riflettori parabolici fino a raggiungere temperature superiori ai 1.300°C, più di 3.000 volte l’intensità solare terrestre. Il risultato è un materiale solido, resistente e adatto a costruire piattaforme, strade e barriere protettive. Ma l’ingegneria lunare non si ferma qui. Yang Honglun, uno dei massimi esperti del DSEL, sottolinea che questi mattoni fungeranno soprattutto da rivestimento protettivo per strutture più complesse: “Serviranno a coprire moduli rigidi e gusci gonfiabili, creando ambienti vivibili capaci di resistere alla microgravità e alle condizioni estreme della superficie lunare.”