L'AI Overview di Google minaccia editori e utenti | Culture
Top

L'AI Overview di Google minaccia editori e utenti

Il monopolio delle grandi piattaforme mette in pericolo l'informazione indipendente e la consapevolezza di chi legge

L'AI Overview di Google minaccia editori e utenti
Preroll

redazione Modifica articolo

25 Luglio 2025 - 18.54


ATF

Non è una novità che, come scrive Alessandro Frau per l’Agi, la maggior parte degli utenti non vada oltre al titolo quando legge una notizia. Se varcare la soglia della prima riga e arrivare al contenuto sembra sempre più complesso, a peggiorare l’attuale status ci pensa l’intelligenza artificiale. Già da un po’ di tempo quando si usufruisce del motore di ricerca Google i primi risultati sono quelli forniti e scelti dall’AI Overview.

Una nuova ricerca del Pew Research Center conferma come quest’ultima funzionalità, che consiste in un riassunto generato da Google, fa si che gli utenti non solo non approfondiscono l’argomento ma si limitino ad accettare le risposte scelte e selezionate dall’algoritmo. Ciò riduce significativamente il traffico verso i siti web danneggiando gli interessi economici di chi, come gli editori, basa il proprio modello di business sui click.

Per lo svolgimento dello studio sono stati coinvolti oltre 900 adulti statunitensi che hanno acconsentito all’installazione di un software di monitoraggio della navigazione attivo per tutto il mese di marzo 2025. Il campione ha generato 68.879 ricerche su Google, di cui 12.593 hanno attivato un AI Overview. Ne è venuto fuori che solamente l’8% di chi visualizza un risultato generato da AI Overview clicca su un link, contro il 15% di chi si trova davanti a una pagina con i soli risultati tradizionali. Ancora peggio, appena l’1% degli utenti clicca sui link citati all’interno dei riassunti AI. La presenza di un riassunto generato dall’intelligenza artificiale porta il 26% degli utenti a chiudere del tutto la sessione di navigazione, contro il 16% quando il riassunto non compare. I risultati parlano chiaro: sempre più persone si accontentano di quello che dice la macchina, senza verificare o approfondire.

La conseguenza del mancato approfondimento sono utenti che restano per più tempo nell’orbita dell’ecosistema Google spostandosi anche su altri servizi come Google images o Google Shopping. Altri invece chiudono immediatamente la sessione di ricerca. Google da tempo spinge per un modello che funzioni come una calamita e che mantenga per più tempo possibile l’utente all’interno del suo ecosistema. La pervasività dell’intelligenza artificiale è solo l’ultimo step che ha però dietro di sé YouTube, Google Maps e Google News.

I portavoce di Google hanno risposto alla ricerca affermando: “Le persone si stanno orientando verso esperienze basate sull’intelligenza artificiale, e le funzionalità AI nella ricerca consentono alle persone di porre ancora più domande, creando nuove opportunità per connettersi con i siti web. Questo studio utilizza una metodologia difettosa e un insieme di query distorto che non è rappresentativo del traffico di ricerca. Ogni giorno indirizziamo costantemente miliardi di clic verso i siti web e non abbiamo osservato cali significativi del traffico complessivo, come invece viene suggerito” Il pensiero di molti analisti è tuttavia che: “Google sta trasformando il motore di ricerca da un ‘indice del web’ a una piattaforma di risposta autonoma”. Un cambio di rotta che danneggerebbe editori indipendenti e content creator, sottraendo loro spazio e accentuando la crisi del settore.

Sia nell’AI sia nelle SERP classiche dominano poche grandi piattaforme, con scarsa rappresentanza di piccoli o medi siti editoriali. Ciò è dimostrato anche dalle fonti citate dai riassunti: secondo il rapporto del Pew Research Center, i riassunti AI mostrano una leggera preferenza per Wikipedia e per i siti governativi (.gov) rispetto ai risultati classici, mentre i link a YouTube restano più frequenti nelle SERP tradizionali. In particolare, il 6% delle fonti linkate nelle panoramiche AI è costituito da siti .gov, contro il 2% delle pagine standard. Per quanto riguarda le notizie, la quota è la stessa in entrambi i casi: 5% dei link punta a siti giornalistici.

Le conseguenze del calo del traffico gravano soprattutto su giornalisti ed editori: si stima che negli Stati Uniti quasi 10.000 giornalisti abbiano perso il lavoro negli ultimi tre anni e che modelli piccoli e indipendenti di Business stiano entrando in crisi. In Europa si pensa già a come contrastare questo fenomeno e gli editori hanno presentato un esposto antitrust contro Google, sostenendo che l’azienda sta abusando della sua posizione dominante. Parallelamente, si discute di nuove regole per la condivisione dei ricavi e per una corretta attribuzione del traffico. Il timore maggiore è che la rete stia diventando un universo sempre più chiuso e dominato da pochi grandi attori come Google, social network, Wikipedia, Reddit e YouTube e che gli AI Overviews rendano più difficoltoso raggiungere un sito indipendente. Conclusioni che, se fossero vere, minerebbero la qualità dell’informazione e di conseguenza la consapevolezza degli utenti.

Native

Articoli correlati