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Verso il 6G, la ricerca non si ferma

Cosa dobbiamo aspettarci e quali sono i rischi? Dall'inquinamento spaziale all'intelligenza artificiale agli equilibri tra le superpotenze mondiali.

Verso il 6G, la ricerca non si ferma
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14 Aprile 2025 - 18.01


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In un mondo dove stiamo comprendendo e imparando ad affidarci al 5G, la ricerca è già lanciata verso il 6G. Ma quali sono le premesse delle tecnologie attuali e cosa possiamo aspettarci dal futuro? “Importanti innovazioni in campo medico, nell’energia, nella sicurezza pubblica e in altre aree, integrando tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, l’edge computing e i sistemi della Internet of Things”.

Con Internet of Things (IoT) si fa riferimento a una rete di oggetti e dispositivi connessi (detti “cose”) dotati di sensori (e altre tecnologie) che consentono loro di trasmettere e ricevere dati, da e verso altre cose e sistemi al fine di migliorare la qualità della vita delle persone e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese.

Non possiamo ignorare l’accento intrinseco alla definizione stessa di IoT nel classificare coloro che compongono una società in maniera quasi primaria come consumatori, non siamo solo persone ma siamo esseri che consumano e producono. Un altro elemento da attenzionare è quello del “dual use” e cioè l’impiego di queste risorse, sviluppate a fini civili, in guerra. Tutte le tecnologie civili possono essere riconvertite in campo militare ma deve esserci una presa di coscienza e di responsabilità di chi fa ricerca e chi la finanzia perché ciò non avvenga.

Nello specifico il 6G permetterà l’implementazione della realtà virtuale e aumentata nell’abito della mobilità con le sperimentazioni di auto autonome e interfacce umano-macchina sull’esempio di Neuralink. Alla base resta la necessità di una trasmissione dati istantanea e una bassissima latenza, ovvero il tempo che impiega un segnale per viaggiare da un dispositivo all’altro.

La velocità è la chiave di volta di questo sistema: le previsioni per il 6G sono che la velocità massima teorica possa raggiungere la soglia di 1 terabit al secondo (contro i teorici 20 gigabit al secondo del 5G), e che la latenza riesca a scendere fino a 0,1 millisecondi. Il 6G sarà inoltre in grado di supportare un numero di connessioni largamente superiore a quello del 5G, arrivando a una densità di oltre 10 milioni di dispositivi connessi simultaneamente per chilometro quadrato.

Sarà però quindi necessario moltiplicare il numero di antenne, per garantire una connessione stabile, il 6G dovrà appoggiarsi a “reti ultra-dense” composte da un numero elevatissimo di piccole celle distribuite ovunque. “Il successo delle reti 6G e delle relative infrastrutture future dipenderà in larga misura dalla scalabilità e dall’efficienza delle tecnologie di comunicazione spaziale basate su satelliti in orbita bassa (Leo). Il numero di satelliti Leo destinati a fornire la connettività 6G potrebbe superare i 200mila nel prossimo decennio. Attualmente, sono circa 10mila. Raggiungere un aumento così significativo richiederà risorse ingegneristiche e personale specializzato ben superiori a quelli oggi disponibili” – commenta il fondatore di Phystech Ventures Daniel Shaposhnikov – “L’avvento della tecnologia 6G promette di rivoluzionare la AI, creando un ecosistema in cui raccolta dati, addestramento dei modelli e analisi avvengono in modo perfettamente integrato all’interno delle reti di comunicazione. Integrando l’intelligenza artificiale nei protocolli e nell’architettura stessa delle reti 6G, internet sarà in grado di svolgere compiti intelligenti in maniera autonoma” – continua Daniel Shaposhnikov.

Nella società odierna un tema caldo è sicuramente quello dell’ambientalismo. Per uno sviluppo e un impiego effettivo del 6G, fondamentali saranno anche satelliti e altre strumentazioni in orbita. Ciò richiederebbe un controllo e una sostituzione costante (si stima che il ciclo di vita di un satellite Leo sia di 4-7 anni) andando a aumentare l’inquinamento spaziale e rischiando di compromettere le attività della Stazione spaziale Internazionale e la sicurezza dei lanci (che già ora risentono dell’aumento dell’attività nello spazio). Sarebbero inoltre necessari investimenti giganteschi sia per le risorse tecnologiche sia per operare al fine di limitare le problematiche ambientali.

L’idea che emerge da questo quadro è quella che con l’avvento del 6G anche l’intelligenza artificiale stessa cambierà volto, da essere un’applicazione che sfrutta internet ne diventerà una componente strutturale, in grado di gestire il traffico dati, ottimizzare i consumi energetici o reagire in tempo reale a guasti e anomalie. “Immaginate un futuro in cui i confini tra fisico e digitale sono indistinguibili, dove una vostra rappresentazione olografica partecipa ai meeting aziendali e dove le auto autonome navigano le strade della città guidate da un suo gemello digitale”, queste le parole riportate nel quotidiano South China Morning Post.

Un concetto che noi leghiamo indissolubilmente al mondo della fantascienza, a Star Wars e ai tanti altri esempi, quello del “gemello digitale”. Una rappresentazione virtuale in continuo aggiornamento in tempo reale e identica all’oggetto o sistema fisico originale Nel contesto aziendale un digital twin abilitato dal 6G potrebbe riprodurre in tempo reale i processi di una fabbrica, permettendo l’analisi, anche a distanza, dell’operatività dei singoli macchinari, anomalie, variazioni ma anche potrebbe portare a un controllo assoluto sugli operai.

Da un lato potrebbe permettere di intervenire prima che si verifichino guasti, testare implementazioni e modifiche senza interrompere la produzione reale e ottimizzare ogni fase della produzione, dall’altra rischiamo di creare sistemi di controllo imperativi e assoluti. Parliamo di progresso o di 1984? Lo scetticismo è lecito.

Ad oggi a guidare la corsa al 6G vi è la Cina, la società di analisi MaxVal ha evidenziato come nel corso del 2024 la maggior parte dei brevetti riguardanti il 6G provenissero da aziende e marchi cinesi (6mila), con alle spalle gli Usa (meno di 4mila), la Corea del Sud (1.417), il Giappone (584) e l’Unione Europea (214). La Cina è stata inoltre il primo Stato a testare, nel febbraio 2024, un satellite per le comunicazioni 6G.

Una strada ancora lunga e scoscesa, che deve prima vedere un 5G pienamente operativo e funzionante, ricordiamo che SK Telecom (il più importante operatore telefonico della Corea del Sud) ha dichiarato che il 5G è stato “eccessivamente promosso e ha dato risultati insufficienti”, mentre Bloomberg lo ha bollato come un “trucchetto del marketing”.

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