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Gli screenshot come prova in tribunale: arriva la sentenza della Cassazione

Con una sentenza pubblicata lo scorso 18 gennaio, ha confermato il valore legale delle chat nei procedimenti civili.

Gli screenshot come prova in tribunale: arriva la sentenza della Cassazione
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14 Marzo 2025 - 12.10


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Con la sentenza n. 1254, la Corte di Cassazione ha confermato il valore legale delle chat nei procedimenti civili, riconoscendo le chat di WhatsApp e SMS come prove documentali utilizzabili in tribunale, a meno che non sia contestabile l’autenticità della conversazione. I messaggi rientrano, infatti, nelle riproduzioni informatiche e rappresentazioni meccaniche disciplinate dall’art. 2712 c.c. e perciò hanno valore anche in caso di semplice screenshot.

La Cassazione si è espressa in tal modo a seguito di un procedimento dove una società di serramenti ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di un cliente per il pagamento di 28.050 euro. Il cliente si è opposto sostenendo di aver già pagato 10.000 euro e che l’importo ora richiesto non era mai stato concordato.

In primo grado, il Tribunale di Pavia aveva accolto l’opposizione per mancanza di prove a sostegno dell’azione della società. In appello, invece, la Corte di Milano ha ribaltato il verdetto riconoscendo il valore delle prove presentate dalla società tra cui una conversazione avvenuta tramite messaggi WhatsApp nella quale il cliente confermava l’importo da versare. Il ricorso presentato in Cassazione del cliente sull’effettivo valore delle chat ha poi portato alla sentenza che, invece, ne ha sostenuto l’utilizzo in procedimenti giudiziari e fiscali.

Fondamentali sono alcuni criteri necessari a stabilire l’autenticità effettiva delle chat: il dispositivo da cui sono stati inviati i messaggi deve essere inequivocabilmente attribuibile a una singola persona; il contenuto della chat deve essere integro e non alterato in alcun modo; gli screenshot possono essere anche di chat successivamente cancellate da uno o più dei soggetti coinvolti. 

Con questa sentenza l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza potranno avvalersi delle chat come prove documentali e perciò tutti i dispositivi elettronici personali e aziendali potranno essere ispezionati. Ovviamente, una chat non è sufficiente ma deve essere presentata in appoggio ad ulteriori solide prove.

Questo nuovo approccio è la dimostrazione del credito sempre maggiore che viene dato alle prove digitali; ricordiamo come nel 2017 la Cassazione penale aveva sottolineato l’importanza di acquisire il supporto informatico originale in caso di contestazione o come nel 2023 le Sezioni Unite avevano equiparato gli screenshot a prove documentali, purché corroborate da elementi di riscontro.

La sentenza ha, però, aperto al dibattito: uno screenshot parziale di una conversazione può essere facilmente mal interpretato o manipolato o decontestualizzato fino a perdere il significato originale, per non parlare dei rischi di alterazione delle prove. Inoltre anche la privacy degli stessi utenti sarebbe compromessa. Quindi, qual è il confine tra l’impegno alla lotta all’evasione fiscale e il diritto a una vita privata delle persone?

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