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TikTok e il suo peso sul clima: inquina più di tutto il Portogallo

I social network nascondono delle realtà inquietanti, i loro consumi energetici e la sua impronta di carbonio superano quelle di interi paesi

TikTok tra i social più inquinanti
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20 Dicembre 2024 - 20.00


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di Lorenzo Lazzeri

TikTok, con il suo miliardo di utenti si è lentamente tramutato nella rappresentazione di una nuova era digitale; eppure, dietro ai suoi brevi video, che scorrono sui display dei nostri cellulari, si cela un costo enorme per ambiente che non può essere ignorato, soprattutto da quelle nuove generazioni sempre più attente ai problemi climatici.

Secondo un’analisi condotta dalla società di consulenza ambientale Greenly, l’impronta di carbonio equivalente annuale di TikTok è stimata in circa 50 milioni di tonnellate, una cifra che supera quella del Portogallo, le cui emissioni si attestano intorno ai 47 milioni, posizionando e comparando TikTok ad una Nazione.

Un singolo utente medio di TikTok genera ogni anno circa 48,49 kg di CO2e, una quantità maggiore rispetto agli utenti di YouTube (40,17 kg) e Instagram (32,52 kg). Se rapportiamo questa cifra alla distanza percorsa in auto a benzina con un consumo di 12km/l, equivarrebbe a 253 Km; questi numeri, di per sé preoccupanti, rappresentano solo una parte del problema. I calcoli di Greenly includono principalmente le emissioni legate ai data center, che costituiscono circa il 99% dell’impronta di carbonio dei social media, ma escludono altre fonti, come quelle derivanti dagli spazi degli uffici di TikTok, dagli spostamenti dei dipendenti e dalla produzione di componenti tecnologiche e quindi, il dato reale potrebbe essere significativamente più alto.

Kate Crawford, autrice del libro Atlas of AI e una delle principali voci critiche sull’impatto delle tecnologie digitali, sottolinea come la narrazione dominante che circonda l’innovazione tecnologica — quella di un mondo immateriale e senza peso — sia una mistificazione. Ogni interazione digitale, ogni video consigliato dall’algoritmo, ogni contenuto prodotto e condiviso, è sostenuto da infrastrutture fisiche enormi: data center, reti di telecomunicazioni, server e dispositivi, tutti alimentati da risorse naturali.

E queste infrastrutture, a loro volta, consumano energia in quantità straordinarie. La Crawford rivela che la produzione stessa delle componenti tecnologiche — dai processori alle batterie — richiede enormi quantità di risorse, come litio e terre rare, la cui estrazione provoca devastazione ambientale e spesso implica condizioni di lavoro disumane.

Un minuto passato su TikTok genera in media 2,921 grammi di CO2e, una cifra molto vicina a quella di YouTube (2,923 gr.), ma superiore a Instagram (2,912 gr.), ma quello che rende TikTok particolarmente dannoso per l’ambiente è il tempo medio di utilizzo perché l’utente tipico trascorre 45,5 minuti al giorno su questa piattaforma, contro i 30,6 di Instagram. Tempi più lunghi si traducono in maggiori consumi, e di conseguenza, in emissioni più elevate. Con 7,6 milioni di tonnellate di CO2e prodotte solo negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia nel 2023, TikTok supera piattaforme come Twitter/X e Snapchat, avvicinandosi a Instagram, che però vanta quasi il doppio degli utenti globali.

Il problema non si ferma qui. L’algoritmo di TikTok è stato progettato per massimizzare l’interazione, sfruttando la dipendenza degli utenti per mantenerli più a lungo sulla piattaforma. Alexis Normand, amministratore delegato di Greenly, descrive questa dinamica come un incentivo a generare sempre più emissioni su base individuale. Crawford, dal canto suo, invita a considerare come queste scelte tecnologiche siano radicate in un modello di business che antepone il profitto a qualsiasi considerazione ambientale o sociale. L’obiettivo non è solo intrattenere, ma trattenere gli utenti il più possibile, trasformandoli in produttori e consumatori instancabili di contenuti, alimentando un ciclo che si ripercuote tanto sul clima quanto sulla cultura globale.

Nonostante TikTok abbia annunciato piani per raggiungere la carbon neutrality entro il 2030 attraverso il progetto “Clover”, che prevede la costruzione di data center più sostenibili e l’adozione di energie rinnovabili, i progressi sono lenti e ad oggi, l’unico esempio tangibile è un data center green in Norvegia, costato 12 miliardi di euro e alimentato al 100% da energia rinnovabile, ma rimane una goccia nel mare rispetto alla portata globale della piattaforma.

L’analisi di Crawford va oltre il problema energetico per toccare questioni ancora più profonde. I sistemi di intelligenza artificiale come quello di TikTok non sono neutri, ma portano con sé le tracce di un modello economico e culturale estrattivo, che consuma le risorse naturali, ed influenza profondamente il modo in cui percepiamo il mondo e interagiamo con esso. Attraverso progetti come Anatomy of an AI System e Excavating AI, Crawford ha dimostrato che ogni algoritmo, ogni decisione tecnologica, è il risultato di scelte politiche ed economiche che vanno a modellare con una riconfigurazione implicita e latente il nostro futuro.

TikTok induce una riprogrammazione culturale pericolosa preconfigurandosi non solo come un’applicazione di intrattenimento e un sistema di vampirizzazione delle risorse, ma va a produrre una manipolazione sommersa che plasma la società in modi che spesso sfuggono alla percezione comune e pertanto ignoriamo. La piattaforma, nel suo tentativo di connettere miliardi di persone, rischia di scollegarci dalla realtà più urgente: il bisogno di preservare il nostro pianeta. Se vogliamo affrontare davvero la crisi climatica, dobbiamo iniziare a considerare il prezzo nascosto delle nostre vite digitali. La domanda non è più solo se possiamo permetterci di continuare così, ma per quanto tempo il pianeta potrà sostenere il peso delle nostre interconnessioni virtuali.

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