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Google sotto accusa: secondo l'Antitrust è abuso di posizione dominante

L'Antitrust italiano indaga sulla condotta del gruppo Google. L'accusa è di abuso di posizione dominante in violazione dell'articolo 102 del Trattato europeo. Google avrebbe impedito l'interoperabilità dei dati dei propri utenti con altre piattaforme.

Google sotto accusa: secondo l'Antitrust è abuso di posizione dominante
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14 Luglio 2022 - 18.43


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di Laura Regardi

Era già accaduto nel 2021, quando Google aveva dovuto pagare 2,4 miliardi di euro (2,8 miliardi di dollari) di multa all’Antitrust europea per presunte azioni di contrasto lesive della concorrenza nei confronti di motori di ricerca “minori” specializzati in servizi di shopping. Un anno dopo, la storia si ripete: l’Antitrust ha avviato un’istruttoria nei confronti di Google ipotizzando un abuso di posizione dominante. Nella giornata di ieri, l’Autorità Garante della Concorrenza ha condotto accertamenti ispettivi nelle sedi di Google, con la collaborazione dei militari della Guardia di Finanza.

L’accusa specifica ha a che fare con la posizione dominante che il gruppo Alphabet/Google detiene in diversi mercati che si occupano di gestione e acquisto di dati attraverso i servizi forniti (Gmail, Google Maps, Android). Secondo l’Autorità, Google avrebbe infatti ostacolato “l’interoperabilità nella condivisione dei dati presenti nella propria piattaforma con altre piattaforme”, ovvero la possibilità di scambio e interazione di dati personali, abusando della sua posizione dominante sul mercato. L’abuso di posizione dominante è punito dall’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Abusando della sua posizione, Google avrebbe messo a rischio il diritto alla portabilità dei dati personali, disciplinato dall’articolo 20 del GDPR (General Data Protection Statement) che garantisce un maggior controllo degli “interessati” sui propri dati e allo stesso tempo favorisce la libera circolazione degli stessi sul mercato.

In particolare, Google si è scontrato con l’APP Weople, gestita da Hoda, un operatore attivo in Italia che ha sviluppato una banca di investimento dati. Hoda ha fatto presente all’Autorità gli effetti negativi della condotta di Google sulla sua iniziativa che intende valorizzare i dati personali con il consenso del titolare degli stessi. Il comportamento di Google determina una restrizione della concorrenza perché limita la possibilità di operatori alternativi di sviluppare forme innovative di utilizzo dei dati personali, capacità garantita dall’ Istituto della Portabilità dei Dati, ente che facilita la circolazione dei dati e la mobilità degli utenti.

Commentando la vicenda, il gruppo Google si è così difeso: “Da quasi dieci anni Google offre alle persone la possibilità di estrarre e trasferire i propri dati. Sono strumenti pensati per aiutare le persone a gestire le proprie informazioni personali, e non per permettere ad altre aziende o intermediari di accedere a più dati da vendere. Questo significherebbe mettere a rischio la privacy delle persone, oltre che a incoraggiare attività fraudolente. Per le aziende esistono già modalità per incrementare la portabilità diretta dei dati nei propri servizi, ad esempio tramite il progetto open source Data Transfer Project, a cui qualsiasi organizzazione è invitata a partecipare”.

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