Da Pietro il Grande ai giorni nostri. Trecentocinquant’anni di storia rivisitati da Vladimir Putin. Globalist ne discute con uno dei più autorevoli storici italiani: Marcello Flores. Il professor Flores ha insegnato Storia comparata e Storia dei diritti umani nell’Università di Siena, dove ha diretto anche il Master europeo in Human Rights and Genocide Studies.
Tra i suoi libri, ricordiamo: Il secolo del tradimento. Da Mata Hari a Snowden 1914-2014, (il Mulino, 2017), Il genocidio degli armeni (il Mulino, nuova ed. 2015), Traditori. Una storia politica e culturale (il Mulino, 2015), Storia dei diritti umani (il Mulino, nuova ed. 2012), La fine del comunismo (Bruno Mondadori, 2011) e 1917. La Rivoluzione (Einaudi, 2007), Tutta la violenza di un secolo (Feltrinelli, 2005) , La forza del mito. La rivoluzione russa e il miraggio del socialismo (Feltrinelli, 2017) e il recente Il genocidio (Il Mulino, 2021).
La notizia ha fatto il giro del mondo. Nel 350° anniversario della nascita di Pietro I, detto il Grande, il presidente russo ha tracciato un inquietante parallelismo. “È incredibile, ma non è cambiato quasi nulla”, ha detto dopo aver inaugurato presso il centro espositivo Vdnkh una mostra sull’uomo che regnò, prima come zar, e poi come imperatore, per 43 anni fino alla morte nel 1725 e che diede il suo nome a una nuova capitale, San Pietroburgo, città natale di Putin, che fece costruire sulla terra che aveva strappato alla Svezia. E ancora: “Pietro il Grande ha guidato la Grande Guerra del Nord per 21 anni. Sembrava stesse togliendo qualcosa alla Svezia. Non le stava togliendo nulla. Stava riprendendo il controllo”, ha detto il leader del Cremlino incontrando un gruppo di giovani imprenditori. “Quando fondò una nuova capitale, nessuno dei Paesi europei riconobbe questo territorio come appartenente alla Russia. Tutti lo consideravano parte della Svezia. Ma da tempo immemorabile, gli slavi vi abitavano insieme ai popoli ugro-finnici. Stava riprendendo (quello che apparteneva alla Russia) e rafforzando (il Paese)”. Professor Flores, come la mettiamo?
In modo semplice. Vede, ci sono tre date su cui Putin ha costruito la nuova identità russa in questi ultimi quindici anni. La vittoria di Pietro il Grande contro Carlo XII. La vittoria contro Napoleone. La vittoria contro Hitler. Questo è il riassunto della storia russa degli ultimi tre secoli per Putin. Tutto il resto, che sono sconfitte, problemi, difficoltà, di fatto è stato cancellato, accantonato. Perché a emergere devono essere esclusivamente gli aspetti gloriosi, vittoriosi, da un punto di vista militare, della Russia. E quindi lui ha colto l’occasione della celebrazione del 350° anniversario della nascita di Pietro il Grande per tirar fuori, in questa circostanza, la guerra vittoriosa contro la Svezia, come prima aveva tirato fuori, in occasione dell’anniversario della Grande Guerra Patriottica contro il nazismo, la vittoria su Hitler. E’ abbastanza semplice la modalità con cui Putin ha costruito e sta costruendo questa identità che io chiamerei neo imperiale…
Perché neo imperiale?
Perché al tempo stesso riassume tutto quello che faceva parte della Russia zarista, da Pietro il Grande in avanti, e tutto quello che faceva parte dell’Unione Sovietica, soprattutto con Stalin.
E’ la storia piegata alla ragion politica. Non c’è d’avere un po’ di timore?
E’ una manipolazione forzata che è indubbiamente legata alla ragione politica ma direi soprattutto al tentativo di costruire questa identità. Cosa che però, per quel che sembra di capire, funziona con gli ultra sessantenni ma non funzione per niente con quelli che hanno meno di trenta-trentacinque anni. Questo credo che sarà un problema che Putin si dovrà porre nei prossimi mesi e anni se continuerà a guidare la Russia.
Lei ha sollevato un tema di grande importanza, che non riguarda soltanto la Russia e una strumentalizzazione politica. Il grande tema dell’identità nazionale. Non ritiene che questo sia un tema, una problematica, una impellenza, che riguarda anche noi? Noi Italia, noi Europa?
E’ vero. Il problema dell’Europa è il suo star cercando faticosamente, e non sempre nel modo giusto, di costruire una identità europea. Una ricerca iniziata col rifiuto di quelle politiche che avevano fatto dell’Europa un campo di battaglia continuo. E questo è stato il grande elemento positivo che si è poi un po’ fermato, trovando successivamente anche alcuni momenti discutibili. Ma la vicenda russa è di tutt’altro genere, anche rimanendo ad Est…
Vale a dire?
A differenza dell’Ucraina, della Romania, della Polonia, se vogliamo, per dire, anche del Kazakistan, la Russia non ha una identità nazionale. La Russia ha una identità imperiale: quella zarista dei Romanoff, prima, e quella di tipo sovietico, dopo. E quindi ha dentro di sé, nella sua identità, questa forza di sopraffazione militare che è in qualche modo connaturata a quel tipo di ideologia identitaria che si vuole costruire.
Esistono degli anticorpi a questo? O è tutto iscritto nel “Dna” storico, culturale, di quella grande nazione?
Assolutamente no. Tanto è vero che nella grande cultura russa è al tempo stesso, per esemplificare polemiche del passato, è presente sia una venatura occidentalistica sia quella slavofila. Ed è contraddittoria proprio perché a volte cerca di tenere insieme entrambe le anime, addirittura negli stessi autori. Una cultura che in alcune fasi è prima occidentalistica e poi slavofila, e così via. E’ questo che non può essere accettato da chi vede solo nelle tre vittorie militari che ricordavo prima, la possibile identità dell’oggi per la ragione russa. Quello di Putin è il rifiuto della storia passata della Russia, Una storia che non può essere ridotta a una dimensione propagandistica-militare. In questo senso, più che un manipolatore è un “negazionista”.