di Elena La Verde e Vittoria Maggini
La Dad, l’acronimo di didattica a distanza, fa discutere. Da un lato, i genitori dei bambini della scuola dell’infanzia non hanno dubbi e condannano con forti parole l’insegnamento a distanza; gli studenti delle scuole superiori a Milano e a Firenze protestano e chiedono di rientrare a scuola. Dall’altro, tra noi studenti universitari circolano opinioni divergenti, spesso, contrastanti fra loro. Per questo, abbiamo deciso di raccogliere le diverse voci dei nostri amici sparsi in diversi atenei italiani, da Nord a Sud. Ci hanno raccontato le loro esperienze e, insieme a loro, abbiamo cercato di ragionare sui motivi che spingono i giovani universitari ad amare e a odiare la didattica a distanza.
Un servizio in più che è stato sempre sognato.
Secondo il ministro dell’università e della ricerca Gaetano Manfredi, la Dad garantisce “la continuità didattica in un momento storico in cui gran parte dei servizi e delle funzioni è stata interrotta”. Non è il solo e unico vantaggio: secondo gli studenti, la Dad è più comoda ed è soprattutto un approccio più inclusivo, perché permette a tutti di seguire i corsi e di non perdere preziose lezioni – anche a chi prima non poteva frequentare in presenza a causa d’impegni lavorativi o difficoltà economiche. “In generale, ci aiuta a non perdere le lezioni, nonostante il periodo difficile che stiamo vivendo, e soprattutto ci agevola nelle spese: non dobbiamo per forza trasferirci nell’immediato, ma possiamo seguire anche da casa”, commenta Miriam, studentessa di Lettere a Siena. Continua: “Io ad esempio vengo dalla Sardegna e per me trasferirmi in questo momento, sarebbe stato davvero difficile e pesante. Con questa modalità, si perde il contatto umano, è vero, però si abbattono altre barriere. Ci abitua a emanciparci e a sviluppare nuovi metodi didattici che altrimenti non avremmo mai adoperato”.
È sulla stessa linea d’onda anche il pensiero di chi come Eleonora ha molte ore di viaggio da fare per giungere nella propria sede universitaria: “Quando frequentavo la triennale a Siena, ero pendolare. Grazie alla Dad, oggi non sono più costretta a sveglie infernali e a stare fuori quasi tredici ore, perché i mezzi di trasporto fra casa mia e l’università sono collegati malissimo”. Insomma, un addio all’andirivieni di strade, di treni persi e da prendere o da attendere. “Per me, la mia esperienza è ottima. Ho un sacco di tempo in più per studiare e non devo perderlo nell’attesa di un treno e di un altro; inoltre, posso gestire al meglio la mia giornata, tra lezioni, studio individuale e altre attività, senza sprecare sia le energie sia il tempo spostandomi continuamente in treno fra casa e università”. E lo conferma anche Giuseppe, che studia Lingue orientali a Napoli e che ogni giorno faceva le corse contro il tempo per raggiungere le diverse sedi in cui erano tenute le lezioni: “È vero, la Dad può avere dei difetti, ma c’è di peggio: vuoi mettere lo sbattimento di tutte le mattine per muoversi di qua e di là, quando io posso frequentare le lezioni da casa con un semplice click? Io mi sto trovando bene non solo perché seguire in presenza sarebbe stato ogni volta un parto, ma anche perché i miei docenti conoscono bene la piattaforma che usiamo per fare lezione: per esempio, ogni materiale e ogni avviso li mettono nella classe virtuale e ci evitano anche di andare sul sito dell’università per cercarli. Secondo me, bisogna un po’ sfatare certi pregiudizi: la Dad se fatta bene, funziona. Personalmente è quello che ho sempre sognato, con la differenza che per me doveva essere un servizio in più, non proprio la regola”.
…Ma che non è proprio adeguato per tutti
Nonostante abbia degli indubbi pregi, sono però evidenti i problemi di questo nuovo sistema e sono gravi le mancanze della Dad: una miscellanea di difficoltà che sono comuni ovunque.
Molti ragazzi lamentano la scarsa abilità informatica dei professori e la mancanza d’interazione con i docenti: “La lezione a distanza è sicuramente molto più passiva, senza alcun genere d’interazione (o quasi) e con una probabilità più alta di distrarsi. A casa, avendo tutto a portata di mano, si rischia di rimandare sempre a domani. Mettiamoci poi che per seguire a distanza con la massima qualità c’è bisogno di una rete Internet molto efficiente, e di docenti abili in questo tipo di attività, spesso mancano entrambe le cose”, descrive ad esempio Raffaele, anch’egli studente di economia, fuorisede a Milano. Inoltre, a quasi un anno dal primo lockdown, l’ambiente di studio, che è perlopiù quello casalingo, è diventato assai monotono e poco stimolante. “Rimanere confinati in una stanza per seguire le lezioni e per poter studiare non è il massimo, ma questa è diventata una normalità che non mi piace”, sostiene Antonella, studentessa di Giurisprudenza a Napoli, “Per me è diventato debilitante studiare tra le stesse mura. Non riesco a concentrarmi come dovrei. Mi metto passivamente davanti ad uno schermo e non riesco più ad apprendere come vorrei. Essere in aula con i miei colleghi e studiare con loro, mi stimolava a fare meglio”. La pensa nello stesso modo anche Irene, che condivide lo stesso percorso di studi di Antonella, ma nel versante opposto della penisola, a Trento: “Seguire a distanza può essere bello per una settimana, ma poi stanca e pesa come la morte. Dietro la webcam di un computer, non si riesce ad apprendere bene. La Dad è un buon supporto, ma online le lezioni sono volatili. Non si può assolutamente pensare di sostituire la presenza con la Dad: frequentare le lezioni, entrare in aula studio e in biblioteca senza appuntamento, scambiare due chiacchiere con i colleghi (che poi sono più amici!) davanti alla macchinetta del caffè sono situazioni sociali ed umane che fanno parte della crescita di ogni giovane e che, con la didattica a distanza, sono venute meno. Non parliamo poi dell’interazione coi docenti: online si fa lezione e una volta che questa è finita, si spegne tutto. Dal vivo è diverso: capita spesso che alcuni docenti, al termine di ogni lezione, si fermino anche quel quarto d’ora in più per parlare con noi studenti, non solo degli argomenti trattati nel corso, ma anche per discutere di cosa succede nel mondo. Con la Dad tutto questo è un ricordo”.
Tra gli studenti, c’è anche chi denuncia e protesta per la poca praticità nella gestione dei tirocini: “Studio farmacia”, ci racconta Luca di avere tante perplessità perché “io vorrei capire, insieme a tanti miei colleghi, quanto sia utile per noi fare un tirocinio online e non svolgere i laboratori che sono previsti nel nostro corso di laurea!”. Quando parliamo di esami online, la sua risposta è solo una: “No comment! Potrei diventare volgare!”, e alla fine conclude: “La Dad non è assolutamente una soluzione adeguata e per via delle nuove ondate si sta facendo sempre meno. Noi ci sforziamo ma i risultati restano minimi”.
Una generazione di studenti che si adatta ai tempi
Nel bene o nel male, ormai la Dad è diventata una realtà nella vita degli universitari: hanno visto con i loro occhi come le università, potenziando le proprie piattaforme digitali hanno annullato, o quasi, le distanze arrivando nelle loro case, in quei luoghi che fino a qualche tempo fa erano percepiti come quelli del totale relax. Se in genere trovare lati positivi sulla Dad è difficile, al contrario ci sono stati studenti universitari che ne hanno colti alcuni. Insomma, le voci continuano ad essere contrastanti.
Ad ogni modo, però, tra sostenitori e detrattori, tra apocalittici ed integrati, una cosa è certa: sono – anzi siamo – una generazione di universitari che, con le idee chiare e con un grande spirito di adattamento, condividono la stessa storia, conoscono le stesse emozioni e affrontano gli stessi problemi. E tra una connessione ballerina che va e viene e tra le distrazioni tipiche dell’ambiente domestico, crescono e si laureano, dimostrando infine di saper maturare bene anche dietro ad un pc.