di Chiara Guzzari
La Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena festeggia i 50 anni dalla sua fondazione (clicca qui per la notizia sulle iniziative da oggi 17 ottobre). Li celebra con un’iniziativa inaugurale che viene trasmessa in diretta sul canale YouTube e sul canale Facebook di ateneo, a partire dalle 17.30. Nel corso dell’iniziativa, tra le altre testimonianze, Giovanni Manetti, professore di Semiotica, racconterà la nascita e l’originale evoluzione del corso di Scienze della Comunicazione che fu istituito nel 1992 nella Facoltà di Lettere e Filosofia. In questa intervista Manetti ci racconta le origini del corso di Siena che fu uno dei primi cinque aperti in Italia: il ministero della Pubblica istruzione, infatti, permise solo a cinque atenei italiani di attivarlo. Le cinque università che mappano il territorio da nord a sud sono Torino, Bologna, Siena, Roma e Salerno.
La nascita del corso fu il frutto di un’intuizione dell’allora rettore Luigi Berlinguer che si inserì in una vicenda nazionale che già andava verso un forte ammodernamento nel campo delle professioni comunicative. È così che prende contatti con Umberto Eco e con Roma?
Sì, inizia allora a prendere contatti la commissione che sta elaborando uno statuto che faccia da base per l’istituzione di corsi in Scienze della Comunicazione. L’obbiettivo era quello di ottenere una dimensione oltre che locale anche nazionale. Di quella commissione facevano parte intellettuali come il semiologo Eco, il classicista e studioso di retorica Adriano Pennacini, il filosofo Aldo Trione, rappresentanti del mondo del giornalismo come Giuseppe Morello e Gianni Faustini ed esponenti del mondo del lavoro come Umberto Moro, in rappresentanza della Confindustria. La commissione elaborò dunque uno statuto, nel quale si prevedeva un corso di cinque anni. Il corso di laurea venne diviso inizialmente in un biennio teorico e di formazione e in un triennio professionalizzante con indirizzi che cercano di mappare i tre principali ambiti: comunicazione d’impresa, comunicazione di massa e ambito tecnologico, quest’ultimo era specifico di Siena ed era legato ai saperi sui nuovi media, con l’installazione di un laboratorio multimediale a fine sia didattico che di sviluppo di prototipi.
Oltre Luigi Berlinguer, chi lavorò alla creazione di un corso di laurea così originale?
Le figure fondamentali, oltre a Berlinguer, furono Maurizio Bettini, il preside della Facoltà di Lettere, capace di tenere legate la dimensione del mondo classico con le strutture antropologiche del mondo moderno, e Sebastiano Bagnara, chiamato specificamente da Berlinguer nel 1987 affinché si occupasse della creazione di questo nuovo corso.
Questa è la storia della nascita del corso: ma quali furono le discipline che lo caratterizzarono?
Malgrado fosse inserito all’interno di una facoltà umanistica, il corso riusciva a tenere in equilibrio sia la componente umanistica sia quella scientifica: è stata questa la prima e principale caratteristica. La seconda è stata quella di voler unire l’aspetto teorico a quello pratico, dando al corso un’impronta professionalizzante. Uno slancio a questa innovazione venne dato con l’invenzione dello stage, un elemento innovativo forte perché prima di allora nessun corso aveva stabilito un legame tra gli studi e il mondo del lavoro. Va tenuto presente che mentre adesso il corso di Scienze della Comunicazione è a numero aperto, inizialmente era a numero chiuso. La novità del corso attraeva circa 1000-1500 studenti ogni anno ma i posti riservati erano 150 per studenti italiani e 10 per stranieri. La selezione era molto dura.
Scienze della Comunicazione, con le sue discipline previste dallo statuto, ha avviato alcune linee di studio e ricerca che prima non erano presenti, quali?
R. Queste linee sono state la semiotica nelle sue articolazioni; la linea mediologica (dove si prende in esame lo studio della pubblicità, dei media, della radiofonia e la televisione e aveva prodotto una radio animata dagli studenti, la ‘Radio Facoltà di Frequenza’, specifica dell’Università di Siena); la linea linguistica generale nella sua dimensione di linguistica cognitiva e una linea sulla comunicazione di impresa che si svilupperà in seguito nella creazione dell’omonimo master, che esiste da quasi 20 anni rinnovandosi con l’avanzare del tempo e infine le tecnologie della comunicazione. Ultima linea, ma non per importanza, il fatto che il corso abbia professori propri e non interfacoltà, grazie alla presenza di materie rare per l’epoca.
Professore, che rapporti c’erano tra Scienze della Comunicazione e gli altri corsi di laurea della facoltà di Lettere a Filosofia?
In principio c’è stata qualche forma di resistenza da parte delle facoltà già esistenti e per questo c’è stato bisogno di ricorrere a un processo di omogeneizzazione tra il nuovo corso e quelli preesistenti che è risultato proficuo. Alcune pratiche hanno coinvolto le varie componenti: l’esistenza di almeno un dottorato, chiamato “L’interpretazione”, con sezioni sia in Lettere che in Scienze della Comunicazione. In secondo luogo, era stata creata la Scuola Superiore di Studi Umanistici, un istituto che a oggi non esiste più in cui si raccoglievano tutti i dottorati umanistici dell’ateneo. Infine, Maurizio Bettini creò il corso di antropologia del mondo antico che vedeva coinvolte persone provenienti anche da Scienze della Comunicazione.
Perché uno studente oggi dovrebbe scegliere di frequentare Scienze della Comunicazione a Siena?
Perché non abbiamo tradito, nonostante i mille problemi e i molti cambiamenti, quello spirito iniziale. Sia nella laurea triennale sia in quelle magistrali. Tutte le facoltà presenti all’Università di Siena offrono riscontri post-laurea molto positivi. Inoltre, a Siena offriamo un forte consolidamento delle discipline del corso e servizi eccellenti agli studenti.