«Carla Nespolo era combattiva e con il sorriso fino all’ultimo. Aveva una radicata passione per la politica intesa nel senso più nobile, lo spendersi per il bene comune», ha impresso «una forte sterzata nell’Anpi» facendo comprendere e conoscere «l’importante ruolo delle donne nella Resistenza, ruolo che prima era stato trascurato». Roberto Cenati, nato nel 1952, presidente dell’Associazione nazionale dei partigiani nella provincia di Milano, ricorda la presidente dei partigiani, nata ad Alessandria nel 1943 e appena scomparsa a 77 anni suscitando gran dolore (clicca qui per la notizia): «La conoscevo di persona ancora prima che venisse eletta prima donna presidente dell’Anpi nazionale. Abbiamo avuto modo di mantenere i contatti e ne ho un ottimo ricordo».
Cosa ha portato come prima donna alla guida dell’associazione?
Una forte sterzata. Ha portato avanti le lotte per l’emancipazione femminile, si è concentrata sul ruolo delle donne nella resistenza che è stato importante ma era stato trascurato. Carla insisteva anche sull’apporto delle donne nella ricostruzione del Paese dopo la guerra e fino ai giorni nostri. A Milano avevamo avuto esempi straordinari a cominciare da Onorina Brambilla Pesce.
Carla Nespolo ha quindi compiuto una sorta di cambiamento culturale nell’Anpi?
Direi che ha dato alla nostra associazione un’impronta nuova. Anche inserire nelle organizzazioni dirigenti più donne è stato un atto fondamentale. Poi ha avuto una grande passione politica e si è battuta per la difesa e l’attuazione della nostra Costituzione repubblicana. Né dimentichiamo il suo impegno nel contrasto delle manifestazioni neo fasciste e neonaziste che si stanno ripetendo anche nel nostro paese. Definirei questi i cardini della sua azione.
Con lei se ne va un pezzo di memoria e quello della memoria è un argomento centrale: quanti partigiani restano?
Carla non ha partecipato alla Resistenza. È un altro aspetto del suo ruolo: la prima presidente che non vi aveva preso parte per ovvie ragioni anagrafiche. Purtroppo ormai i partigiani ci stanno lasciando. Ne sono rimasti circa tremila in tutta Italia, ma lo dico a spanne. A Milano ci ha da poco lasciato la Cini Boeri, ci hanno lasciati Giulio Ravenna che aveva combattuto nel Friuli, il 94enne Domenico Arcieri. Chi ha avuto un ruolo ha per forza superato i 90 anni. Perdiamo un’importante fonte di memoria storica in un paese che ha poca memoria delle nefandezze del nazismo e del fascismo come ha poca memoria anche di quello che succede negli ultimi mesi: basti ricordare che il presidente della Repubblica ad agosto ha detto che la libertà non è la libertà far ammalare gli altri, che ci siamo dimenticati quei tristi cortei di camion militari da Bergamo con le salme di chi era rimasto ucciso dal Covid.
La storia va insegnata a scuola.
La memoria non deve essere solo ricordo del passato ma si lega alla conoscenza storica. La storia dovrebbe ridiventare centrale nell’insegnamento nelle scuole medie inferiori e superiori. Se non conoscono la storia è difficile che i ragazzi è affinino lo spirito critico, che sappiano distinguere il bene dal male, che sappiano interpretare la realtà in cui vivono. L’insegnamento della storia va rilanciato: alle elementari ora ci si ferma a romani, a miei tempi si arrivava alla seconda guerra mondiale. Quando sono andato in classi elementari a raccontare quanto mi diceva mia mamma del fascismo e dei bombardamenti su Milano ho riscontrato grande attenzione verso le vicende del nostro paese. Oggi d’altronde non ci si parla molto in famiglia e i genitori hanno perso memoria di quei tempi.
Tornando a Carla Nespolo: che persona era?
Allegra, aveva sempre il sorriso, era una delle doti più belle mantenuta anche dopo aver assunto un incarico così importante. Le piaceva scherzare, sapeva far ironia. Sono doti che rivelano intelligenza. Altra sua virtù importante, tanto più oggi: sapeva ascoltare. In un periodo in cui i più amano sentirsi parlare e non ascoltano, lei sapeva ascoltare le ragioni degli altri. In più era combattiva, molto energica: ha combattuto anche la malattia con grande energia. Quando la si chiamava rispondeva che andava meglio, trasmetteva serenità pur soffrendo e senza far pesare la sua sofferenza.