«Bisogna salvare e mantenere la primavera culturale pugliese». Giuliano Volpe, archeologo, foggiano, in questa conversazione snocciola i motivi perché, a suo parere, nel campo culturale la Regione Puglia ha cambiato passo e deve restare a guida centro sinistra. Dopo due mandati a Nichi Vendola e gli ultimi cinque anni affidati a Michele Emiliano, domenica 20 e la mattina di lunedì 21 i pugliesi decidono chi condurrà la Regione per i prossimi cinque anni.
Già docente e rettore all’università di Foggia, Volpe insegna metodologia della ricerca archeologica nell’ateneo barese; su invito del ministro per i Beni culturali Dario Franceschini (del quale è oggi consigliere) dal 2014 al 2018 ha presieduto l’organo consultivo del Consiglio superiore al ministero. Nato nel 1958, tra vari incarichi e attività editoriali scientifiche e di divulgazione (questa estate ha descritto a puntate una decina di siti archeologici nell’edizione regionale di Repubblica), gira infaticabilmente l’Italia, in territorio pugliese conduce ricerche e porta avanti battaglie civili come quelle per far rinascere il sito archeologico di Faragola nel comune di Ascoli Satriano, distrutto da un incendio tuttora inspiegato nella notte tra il 6 e 7 settembre 2017.
Professore, come valuta gli ultimi 15 anni di governo del centro sinistra in Puglia sotto gli aspetti culturali?
A mio parere va fatto un ragionamento complessivo sul decennio di Vendola e il quinquennio di Emiliano. Nelle politiche culturali sostanzialmente c’è stata una continuità. La giunta Vendola ha dato una la fase enormemente propulsiva e ha posto le basi per gli interventi degli ultimi cinque anni. La Puglia è diventata una realtà estremamente vivace sotto il profilo culturale, nella realtà e come percezione, perché la cultura è diventata un asse strategico principale nelle politiche della Regione. Non abbiamo visto la solita attività culturale a latere, come era in passato, senza una strategia, con interventi più o meno a pioggia, più o meno clientelari o occasionali.
Può agganciare il discorso a un qualche esempio?
Negli ultimi 15 anni la cultura è stata strettamente collegata per esempio alle politiche urbanistiche territoriali. La Puglia è stata la prima Regione italiana a dotarsi del Piano paesaggistico regionale. E quel piano era fortemente fondato sulla conoscenza delle peculiarità storiche e culturali del territorio per delineare uno sviluppo coerente ed era frutto di un grande studio, una analisi profonda e soprattutto progettazione. La peculiarità è che la cultura è stata collegata alla pianificazione urbanistica, allo sviluppo economico e alle attività giovanili e politiche. E c’è un altro aspetto importante.
Quale sarebbe?
La centralità strategica della cultura nel governo di centro sinistra degli ultimi 15 anni è anche legata a tre donne davvero molto brave: Angela Barbanente, che è stata artefice del piano paesaggistico e assessora ai beni culturali; Silvia Godelli, assessora alla cultura che ha animato una miriade di iniziative culturali anche nello spettacolo, nella creatività e nelle iniziative giovanili; infine nell’ultimo quinquennio Loredana Capone, che dopo essere stata assessore allo sviluppo economico con Vendola è stata alla cultura e turismo.
Per i beni culturali, cosa ha fatto la Regione?
Nella pianificazione territoriale e quindi nella tutela del patrimonio la Puglia è la prima regione ad essersi dotata della Carta dei beni culturali: è un sistema informativo territoriale che si può consultare sul sito cartaapulia.it al quale hanno lavorato le quattro università pugliesi e le soprintendenze. La Carta ha una banca dati di oltre 10mila siti di interesse culturale, comprende beni immateriali e musei, è
a disposizione di amministrazioni, enti, professionisti e di tutti i cittadini. Non ultimo, è il primo sistema connesso con quello del Ministero dei beni culturali: una scheda nella Carta della Puglia automaticamente finisce nella banca dati del Mibact e viceversa. Per chiarezza è giusto aggiungere che l’ho curato io.
Sulle attività giovanili? Sono state legate eventualmente a prospettive di lavoro?
Sì, e potrei fare centinaia di esempi. Molte iniziative hanno avuto grande diffusione. Cito un caso: a San Vito dei Normanni, piccolo centro del Salento, una ex fabbrica abbandonata è diventata luogo di produzione culturale, dà lavoro ad alcune decine di persone, con laboratori di ogni tipo, un ristorazione, ha grande vitalità ed è stato recuperato un edificio di archeologia industriale in una zona dove abbiamo problemi di organizzazione criminale, le mafie pugliesi sono molto pericolose. Questi innesti di legalità e produzione culturale gestiscono anche terreni sottratti alle mafie, sono attività cultuali ed economiche nate con fondi regionali che hanno premiato idee buone, progetti che sono stati seguiti, valutati, non sono state mance. A questi progetti dobbiamo ricordare Guglielmo Minervini, che è stato sindaco di Molfetta e assessore nella Giunta Vendola per le attività giovanili: purtroppo è morto, ma è stato uno degli artefici di questa primavera pugliese. Mi auguro che con il voto non si ritorni indietro di 15 anni, quando la Puglia non contava niente e nessuno dava credito rispetto alle sue potenzialità.
La Notte della Taranta per quantità di pubblico e seguito è letteralmente “esplosa”. Fin troppo, a detta di voci critiche, almeno per il Concertone finale.
Intanto da spettacolo folcloristico locale è diventata un fenomeno internazionale e questo non può essere ignorato. Si possono avere perplessità sulla manifestazione finale ma non si può ignorare che ha fatto della cultura, delle tradizioni e del turismo culturale un elemento di crescita.
La Apulia Film Commission ha portato moltissimi set cinematografici e televisivi nella regione.
L’ha costruita Vendola e ha contribuito in modo enorme a un’economia intorno al cinema: abbiamo i “cineporti”, ovvero strutture a Bari, Foggia e Lecce al servizio delle produzioni, ha promosso la crescita di professionalità, la Puglia non è diventata solo una location ma un supporto tecnico, operativo e logistico. Voglio citare anche la nascita di Puglia sound, di Puglia promozione e un vecchio carrozzone, il teatro pubblico pugliese, è stato trasformato in organismo operativo che organizza molte attività nei vari teatri, anche in quelli antichi come a Lucera. La Regione non è stato solo un finanziatore, un bancomat, ma ha saputo costruire, certo con problemi e difficoltà, una strategia e ha valorizzato persone di grande capacità e competenza mettendole ai vertici.
Sul suo settore, i beni culturali, cosa pensa?
La Regione ha trasformato in strutture regionali i vecchi musei provinciali, che rischiavano di sparire mentre in altre regioni la situazione è ancora ingarbugliata, e ha costruito un sistema museale regionale.
Ci sarà anche molto da fare, no?
Sì. Bisogna curare di più la gestione dei siti culturali, bisogna superare la fase di investimento per musei e siti: una volta inaugurati i musei devono vivere. Però segnalo che la Regione ha sostenuto luoghi e iniziative a prescindere dagli schieramenti politici, ha pensato al bene della regione.
Prima ha parlato di “primavera”: ritiene debba essere mantenuta?
Certo. Perché, nonostante la grande crisi del 2008 e ora quella del Covid, la Puglia ha ancora straordinarie energie che possono esprimersi dal basso per cui serve un governo regionale in grado di individuare e sostenere queste energie. Gli ultimi 15 anni hanno dimostrato che questa politica ha dato grandi risultati: tornare a un passato di chiusura, privo di una idea di centralità della cultura nelle politiche di trasformazione e sviluppo della regione, sarebbe un grave danno soprattutto per i giovani.