Presi dal Coronavirus e dai suoi effetti, in Italia non ci stiamo accorgendo di una tragedia umanitaria in corso nello Yemen né che le forti piogge degli ultimi tempi, accentuate o provocate probabilmente dai cambiamenti climatici, stanno letteralmente distruggendo la parte antica Sana’a: Sana’a è la città patrimonio dell’umanità per l’Unesco con case abitate senza interruzione fin da 2500 anni, con edifici di fango essiccato, ma diluvi e allagamenti ne stanno causando il collasso.
Nella città dalle case di fango vecchie di molte centinaia di anni nel 1970 Pasolini girò scene del suo Decamerone (vi tornò nel 1974 per alcune riprese del film Il fiore delle mille e una notte) e un documentario breve perché ne fosse riconosciuto il valore umano e architettonico. L’Unesco nel 1986 riconobbe il luogo come testimonianza e monumento per l’intero genere umano. Ma la stabilità delle fondazioni di quegli edifici dalle facciate color ocra è stata seriamente compromessa dopo che la lunga guerra nello Yemen con anni di bombardamento ha già messo a repentaglio la solidità di molte costruzioni.
Così riferiscono agenzie di stampa come l’Afp e notiziari come France24.com con testimonianze degli abitanti che si sentono tra la vita e la morte per i diluvi, non bastassero il conflitto, la povertà estrema e, non ultimo, il Coronavirus che non risparmia certo questa terra martoriata, scenario della più grave tragedia umanitaria in corso per l’Onu stesso. E se le alluvioni sono ricorrenti, in corso da aprile quest’anno sembrano aver avuto una virulenza inedita uccidendo, nello Yemen e da metà luglio, almeno 172 persone stando alle autorità locali e alle fonti ufficiali. A Sana’a finora risultano distrutti 106 edifici, di cui cinque nella città antica, e 156 danneggiati (fonte france24.com citando fonti governative). Altre stime citano Aqeel Saleh Nassar, vicedirettore dell’autorità per la preservazione storica delle città, e dicono che nel centro storico almeno cinquemila case hanno avuto danni nel tetto, 107 lo hanno visto crollare, lasciando fuori casa centinaia di persone. Per avere un’idea della misura delle devastazioni, la città vecchia ha poco più di cento moschee, 14 hamman e oltre seimila case antiche.
Sotto minaccia risultano anche altri luoghi Unesco come Shibam, a est, mentre a Shibam, la “Manhattan del deserto” a 500 chilometri dalla capitale, altro sito Unesco, le piogge torrenziali hanno distrutto almeno quattro case e danneggiato altre 16 costruzioni vecchie di almeno cinque secoli.
Tanta fragilità è dettata dal fatto che questi grattacieli di fango richiedono una manutenzione continua mentre la guerra ha compromesso simili attività. “Le nostre case hanno muri di terra. Speriamo che la società civile troverà una soluzione”, ha detto all’agenzia francese un giovane abitante della città vecchia, Mohammed al-Khamissi, mentre Doaa al-Wassiei, una esponente dell’autorità delle città storiche dello Yemen ha rilevato nella mancanza pluriennale di manutenzione una causa di quanto sta avvenendo: “Sana’a si sta letteralmente sciogliendo. I bombardamenti hanno reso le fondamenta fragili. Le piogge hanno finito quanto era rimasto. La guerra ha ristretto i finanziamenti ma dobbiamo tutelare e difendere la nostra identità”.
In corso dal 2015, la guerra vede una coalizione a guida saudita dalla parte del governo (non sono mancate accuse di aver bombardato civili e obiettivi storici alle forze aeree) contro gli huthi sostenuti dall’Iran, ha provocato decine di migliaia di vittime e almeno tre milioni di persone hanno dovuto fuggire dalle loro case. Su una trentina di milioni di yemeniti, circa 24 sopravvivono tramite aiuti umanitari.
Sempre all’agenzia France24, l’Unesco ha dichiarato di aver mobilitato fondi ed esperti per avviare progetti di ricostruzione e per salvare il patrimonio culturale dello Yemen.