Nel mondo della cultura e dello spettacolo le conseguenze del blocco da Coronavirus di spettacoli, cantieri di scavo archeologico, di musei chiusi, saranno pesantissime perché molti, i più probabilmente, lavorano a contratto, a partita Iva, a volte anche in nero. Dall’archeologo all’attore, dall’ufficio stampa al tecnico delle luci, molti lavoratori e lavoratrici si ritroveranno letteralmente senza reddito. Il decreto governativo “Cura Italia” prevede voucher da 600 euro e agevolazioni fiscali (clicca qui per le misure introdotte nella cultura e spettacolo) ma, nonostante l’investimento, è chiaro che si tratta di misure-tampone.
Per avere un quadro del disagio più gruppi si mobilitano tramite sondaggi online per avere un’idea di quali sono indicativamente le dimensioni del disagio. È online anche un questionario in inglese a livello europeo dell’ecbnetwork (clicca qui).
In Italia ha lanciato un questionario il collettivo “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” (clicca qui per il sondaggio). Che in un comunicato attacca duramente il Ministero dei beni e attività culturali e del turismo chiedendo perché “i lavoratori hanno solo doveri?” e scrive: la chiusura totale (per frenare il contagio, lo ricordiamo) “ha lasciato senza lavoro e reddito decine e poi centinaia di migliaia di lavoratori del Patrimonio culturale, del turismo e dello spettacolo, creando un effetto valanga che avrà andamento e conseguenze diversi da quelle dell’emergenza sanitaria, ma non necessariamente meno gravi”.
Il collettivo contesta da sempre il modello politico tracciato dal ministro Dario Franceschini e accusa: “ha sempre difeso a spada tratta le esternalizzazioni e la gestione privata del Patrimonio culturale senza mai battersi per ottenere vincoli che garantissero il beneficio pubblico e la tutela dei lavoratori”. Gli attivisti attaccano: il titolare della cultura ha incontrato varie categorie, dirigenti e società di imprese, “ma non ha mai aperto un dialogo con i più deboli e numerosi della filiera: i lavoratori esternalizzati e precari” mentre “ha esplicitamente invitato gli uffici periferici del Ministero a sospendere i contratti che si possono sospendere”.
Il collettivo Mi riconosci? contesta anche “che nel decreto del 16 marzo, arrivato dopo tre settimane di crisi di intensità mai vista, siano previste una serie di misure, come il rimborso per biglietti o tour, tutte volte a difendere le aziende dello spettacolo e del turismo, con fondi che serviranno per appianare le perdite, non per dare lavoro”.
Qui occorre puntualizzare, almeno a chi legge, che quando moltissime imprese dello spettacolo crolleranno o dovranno drasticamente ridimensionarsi, perché sopravvivono con la vendita dei biglietti, allora perderanno lavoro e redditi tutt’altro che da nababbi moltissimi lavoratori che in quel settore lavorano o vi collaborano a vario titolo. Per il collettivo invece oggi si pensa solo a “tutelare gli investimenti per tutelare un sistema, ad ogni costo, in questo caso a costo di lasciare decine di migliaia di persone senza soldi per mangiare”.
Cosa invoca il collettivo nel suo comunicato? Tra l’altro gli attivisti chiedono un “reddito immediato per tutti i lavoratori del settore, almeno per qualche mese; un sistema di incentivi e obblighi per le imprese perché aumentino le stabilizzazioni anche durante la crisi; aiuti statali solo a chi tutela il lavoro e rispetta determinati standard; aumento delle assunzioni pubbliche, non solo statali; e, approfittando di queste settimane di totale blocco, revisione profonda del sistema che ha regolato e dominato il settore culturale (e non solo) in questi trent’anni, limitando esternalizzazioni e subappalti ai casi in cui ci sia un vantaggio per la collettività e una tutela del lavoro, attraverso un sistema di precisi vincoli e contrappesi”.
La denuncia: precari della cultura senza reddito per il Coronavirus
Il collettivo Mi riconosci? ha lanciato un sondaggio online. In rete anche questionario europeo
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29 Marzo 2020 - 17.22
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