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Lo storico Pezzetti: «Curare subito razzismo e prevaricazioni, la Shoah lo dimostra»

Lo studioso: lo sterminio degli ebrei è un caso specifico, ogni genocidio è «mostruoso» e va prevenuto. E quando non si saranno più testimoni? «Bisogna insegnare ora il ricordo»

Lo storico Pezzetti: «Curare subito razzismo e prevaricazioni, la Shoah lo dimostra»
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9 Dicembre 2019 - 12.26


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«Con la Shoah è accaduto qualcosa che non era mai avvenuto prima». Ciò detto, «non dobbiamo temere la scomparsa dell’ultimo testimone, per quanto sarà dolorosissima», purché si tramandi e si insegni cosa è avvenuto. Importante, oggi, è non far passare neppure nell’indifferenza razzismi e discriminazioni fin dal loro nascere, ai primi segni. Questi pensieri appartengono a Marcello Pezzetti, nato a Lodi nel 1953, uno dei più stimati storici dell’Olocausto, tra altri incarichi docente all’università Roma Tre, fondatore della videoteca al Centro di documentazione ebraica contemporanea a Milano.

Addio a Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti al lager di Auschwitz

Professore, dopo che Umberto Terracina è appena scomparso, quando se ne andranno Liliana Segre e gli altri testimoni la memoria della Shoah si dissolverà lentamente?

Io sono più ottimista da questo punto di vista. La memoria deve essere collegata a doppio mandato con la storia. La memoria non è un ricordo, è qualcosa che ha a che fare con la nostra vita sia personale che sociale e politica, è complessa. Come dire? Quando scomparirà l’ultimo testimone sarà un momento dolorosissimo ma tutti scompariamo, è la natura e bisogna accettarlo. Ma ricordiamo molte cose del passato, fa parte della vita e questo diventerà parte della vita futura e di quelli dopo di noi. Non scomparirà questo ricordo se collegato a qualcosa che magari va insegnato e diventa parte dell’educazione dei giovani, delle nuove generazioni. Su questo dobbiamo riflettere e far sì che la Shoah come tema sia il più grande buco nero dell’Italia.

Il più grande buco nero dell’Europa, non solo dell’Italia.
Sì. Certo, ma ora parliamo della società in cui viviamo noi. In questo caso deve diventare parte della nostra educazione, parte del sistema scolastico: se è così non dobbiamo avere paura della scomparsa delle persone.

Da più fronti spesso si contesta che la Shoah abbia una sua unicità.
Io non dico “unico” ma uso il termine “specificità”: è stata qualcosa di specifico e ha una sua unicità perché per la prima volta uno Stato nel pieno delle sue funzioni, il più civile e più avanzato di allora, si pone come obiettivo primario lo sterminare e cancellare dalla faccia della terra una parte di sé, la sua popolazione ebraica. Lo Stato tedesco vuole colpire la parte ebraica nel resto d’Europa come un nemico biologico: non è mai avvenuto che uno Stato mandi suoi cittadini a migliaia di chilometri distanza, come nell’isola di Rodi, a prendere un neonato ebreo per portarlo ad Auschwitz e ucciderlo con il gas. Non è tecnologia, è solo volontà ideologica.

Ascoltatori di “Prima pagina” a Radio3, ripresi poi dal programma “Tutta la città ne parla” hanno citato altri genocidi: la popolazione herero in Namibia massacrata dall’esercito tedesco a inizio ‘900, i nativi d’America, il genocidio degli armeni a opera turca anch’esso un secolo fa. Dov’è la differenza?
Ogni fatto storico è diverso da un altro. Anche questi genocidi sono diversi e vanno vissuti in modi differenti tra loro. Altrimenti sarebbe come se un medico giudicasse tutte le malattie stesso modo. I genocidi e qualsiasi uccisone di massa sono qualcosa di terribile inaccettabile e dobbiamo assolutamente prevenirli: su questo il giudizio etico è chiaro verso tutti i genocidi. Ma sa qual è la cosa davvero più importante?

Qual è?
Non è come giudichiamo ma cosa possiamo fare. Il vero problema è questo: formulare giudizi quasi estetici non serve. La Shoah ha dimostrato che una società, anche la più avanzata, può compiere qualcosa di eticamente mostruoso. Così è inaccettabile la morte in mare di un bambino finito su una spiaggia come lo è la morte di un milione di persone ma non possiamo dire che una vale l’altra. La Shoah dimostra che noi non dobbiamo accettare alcune cose fin dall’inizio. Penso per esempio al razzismo allo stadio: accettarlo porterebbe a conseguenze mostruose e spaventose. È questo l’esempio negativo della Shoah. Quando alle conferenze i ragazzi mi chiedono “cosa possiamo fare?”, rispondo che non dobbiamo accettare la minima prevaricazione verso chiunque altro e compiuta perché è diverso da te o per altre mille ragioni: i primi sintomi vanno subito curati.

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