Francesca Fradelloni
“È la storia di un trauma. Ma soprattutto della sua mancata rielaborazione sul piano storico”. Così sintetizza lo storico (ex parlamentare) Miguel Gotor, lo studioso italiano più esperto del caso Moro, il suo ultimo libro Io ci sarò ancora edito da Paper First (pp.144, € 16,00), appena uscito e vicinissimo alla ricorrenza del sequestro e della successiva esecuzione del presidente della Democrazia Cristiana (9 maggio).
Si tratta di una raccolta di scritti sui 55 giorni che cambiarono il corso della Repubblica. Lo storico e politico si concentra sul ruolo avuto dai servizi segreti al tempo della Guerra Fredda e sulle tensioni geopolitiche. L’operazione Moro vide infatti la convergenza di interessi, a livello internazionale, tra il blocco orientale e quello occidentale e, a livello nazionale, tra un fronte reazionario legato all’oltranzismo atlantico, alla destra anticomunista e ad ambienti massonici vicini alla P2 e i gruppi rivoluzionari del cosiddetto “partito armato” intorno a una comune matrice sovversiva. Con il principale obiettivo di continuare a destabilizzare l’Italia per stabilizzarla in senso centrista e moderato.
Col trascorrere degli anni, il sequestro di Moro e la sua uccisione si sono trasformati in un luogo paradossale e ambiguo della memoria repubblicana: per un verso, tutti sono inclini ad affermare il valore simbolico e il rilievo di quei cinquantacinque giorni nella storia italiana, per un altro, non esiste probabilmente altro argomento in grado di suscitare divergenze interpretative e di provocare polemiche tanto laceranti.
Verità “concordate” tra poteri dello Stato e i militanti armati
Moro fu ucciso e ritrovato cadavere in una Renault in via Caetani a Roma, non lontano dalla sede della Dc di cui era presidente, il 9 maggio 1978. Era stato rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo che, dopo 55 giorni di prigionia, decisero di assassinarlo. Nell’opera di Gotor troviamo le omissioni e le menzogne che hanno consentito di chiudere il caso nel nome di una pacificazione senza verità.
Ciò che fa il libro, è riconquistare la supremazia della ricerca storica rispetto alla sovra-abbondanza di narrazioni di ogni genere e tipo, che hanno però svilito e indebolito la ricerca della verità. Dalla pacificazione interpretativa alla dietrologia. Dalle verità “concordate” tra poteri dello Stato e i militanti armati, amplificate da giornalisti compiacenti, alle verità alterate dalle presunte inestricabili trame nazionali e internazionali, di origine istituzionale. “Due forme di arroganza del pensiero”, spiega Miguel Gotor. “Con la finalità di semplificare per negare, di complicare per confondere”. Tra reticenza e l’inverosimiglianza di tante tesi.
Il libro “anonimo” del senatore Dc
Come il libro “I giorni del diluvio”, a firma l’Anonimo. Il volume era un memoriale scritto in maniera romanzata e redatto in forma anonima che si sviluppa nei giorni delle Brigate Rosse e particolarmente del sequestro di Aldo Moro. L’autore mantenne l’anonimato anche negli anni immediatamente successivi all’uscita del libro. Alla fine degli anni ’80, però, il segreto della sua identità fu svelato dal giornalista Valerio Riva di “Epoca”. Il nome che venne fuori fu quello di Francesco Mazzola, ex deputato Dc e senatore della Repubblica (scomparso nel 2014). Nel 1978 era il Sottosegretario al Ministero della Difesa. Egli attribuiva la responsabilità dell’epilogo del sequestro Moro a “forze straniere” e dalla “battaglia per il petrolio”. Ennesima operazione per inquinare le acque. Per questo c’è la necessità di “fare il punto”.
Gotor, un libro per chi allora non c’era
Miguel Gotor in questo libro riunisce quanto ha scritto sul delitto Moro negli ultimi dieci anni, ma ha voluto aggiungere, dopo ogni intervento, un’essenziale indicazione di fonti e di riferimenti bibliografici che consente al lettore di risalire all’origine delle citazioni e dei documenti presenti nel testo. Un libro essenziale perché è rivolto, idealmente, non a chi allora c’era e ancora si ricorda, bensì a chi oggi ha vent’anni e vuole capire come siamo arrivati fin qui. Con quali passaggi, dimenticanze, presidi di militanza, responsabilità e colpe abbiamo costruito il presente. Con quali strutture democratiche ci avviamo verso il futuro. Fondamentale conoscenza perché “anche nella necessità si può e si deve essere liberi”, come amava ripetere ai suoi studenti lo statista ucciso.
Un libro importante perché più nessuno si senta in diritto di sparare la propria cartuccia interpretativa in funzione di disinformazione e di depistaggi. Perché l’obiettivo, oggi dopo tanto tempo, è davvero quello della “verità storica” credibile.