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"Non togliete le Catacombe di Napoli ai ragazzi del rione Sanità"

Un'esperienza sociale e culturale rischia di essere sottratta a chi la gestisce e a chi l'ha creata, don Antonio. Una lettera aperta al Papa, l'appello del sindaco De Magistris

"Non togliete le Catacombe di Napoli ai ragazzi del rione Sanità"
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8 Novembre 2018 - 19.12


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Un’esperienza straordinaria di archeologia sociale? Un’esperienza culturale e una risposta civile nel cuore sotterraneo di Napoli, il rione Sanità, corre il pericolo di venire  sottratta a chi l’ha creata e a chi la gestisce, come usa dire, “dal basso”, intendendo da cittadini e non da gerarchie. Come ha scritto l’archeologo, presidente emerito del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici del Ministero dei beni culturali, docente a Foggia Giuliano Volpe nel suo blog sull’Huffington Post, riprendendo cronache partenopee, l’esperienza in ballo è quella delle Catacombe di San Gennaro, San Gaudioso e San Severo: sono da alcuni anni un luogo di confronto sociale, sentito dalla comunità, un luogo di cultura gestito dai ragazzi del quartiere con la cooperativa La Paranza e la guida di un sacerdote utopista ma non troppo, don Antonio Loffredo.
Cosa succede? La Pontificia Commissione di Archeologia e il Vaticano, scrive il professore sempre ben informato, “vorrebbero rientrare nel pieno possesso dei beni e curarne direttamente la gestione. Pare anche che, in alternativa, si chieda il versamento del 50% delle entrate: una richiesta che ovviamente metterebbe in crisi la sostenibilità dell’attuale gestione”.

Ricapitoliamo i fatti
Perché questo passaggio preoccupa? Ricapitoliamo un po’ di storia breve. Nel 2001 don Antonio, a dispetto di uno scenario difficilissimo nel quartiere, creò qualcosa di inusitato e inedito. Don Antonio vide in quei sotterranei uno strumento di conoscenza e coscienza civile per i ragazzi in un quartiere a infiltrazione camorristica. Così formò la cooperativa della “Paranza” con i giovani del rione e ottenne un pieno riconoscimento formale: grazie anche all’appoggio del cardinal Sepe, don Antonio diventava direttore delle catacombe di San Gennaro, di San Gaudioso e, dal 2009, la Paranza gestiva i sotterranei tramite un accordo tra Arcidiocesi napoletana e Pcas. I lavori di manutenzione hanno aperto l’accesso anche ai disabili, i ragazzi del quartiere hanno accolto turisti sempre più numerosi, hanno creato attività culturali come un’orchestra e una piccola casa editrice, organizzano incontri, aperitivi, ci lavorano in una cinquantina. Un numero ragguardevole.
Gli ingressi, tenete presente la cifra, nel 2017 sono stati oltre 104mila. Nel 2009 erano ottomila. Prima dell’arrivo del sacerdote nel quartiere erano ancora meno. Ma non si misura sui numeri il valore di una iniziativa che ha organizzato i ragazzi del rione intorno a un impegno encomiabile di salvaguardia, gestione e divulgazione dei sotterranei. Un segno anche d’amore per le proprie case, strade, antichità.
Lettera al Papa, l’appello di De Magistris
In difesa di don Antonio e dei ragazzi è scattata una petizione rivolta direttamente a Papa Francesco. Il sindaco, Luigi de Magistris, ha scritto di suo pugno un post su Facebook: “Non è un caso che la città sia ripartita insieme alle sue catacombe, che abbia dato nella sua ripresa nuove immagini di orgoglio e identificazione con i suoi santi. Arrestare, ridimensionare questa ascesa sarebbe delittuoso. Mi appello anch’io, come napoletano e come sindaco, ai santi affinché siano forieri di buon senso presso tutte le istituzioni, laiche e non. San Gennaro, San Gaudioso, la città ha bisogno anche di voi, del lavoro e della missione che ogni giorno fate e facciamo per i nostri ragazzi, per il nostro territorio”.
Per il Concordato Stato-Chiesa, le catacombe “sono affidate alle cure del Vaticano, per il tramite della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra”. Sotto quelle volte di San Gennaro furono sepolti i primi cristiani, i primi vescovi, il tragitto sotterraneo è di rara magia. La gestione sfuggirà a chi ha lottato per questa piccola grande impresa? Don Antonio a globalist.it risponde di ritenere opportuno mantenere per il momento il silenzio. In difesa dell’organizzazione affidata a quelli di “Noi del Rione Sanità” (dal titolo del libro scritto da Don Antonio sull’avventura) frattanto si sta mobilitando mezza città con una petizione su change.org.
Volpe non è un barricadero. Eppure nel suo scritto è esplicito e non gira intorno alle parole: “Si avanzano problemi di tutela: se ci sono, li si affrontino. Ma non si usi, come troppo spesso accade nel nostro Paese, l’argomento della tutela per impedire nuove e più efficaci forme di gestione ‘dal basso’. Anche questo episodio è un sintomo del clima controriformistico che si va respirando nel nostro Paese nel campo del patrimonio culturale?” Non occorre aggiungere nulla.

Il sito delle catacombe di Napoli
La petizione al Papa

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