Tra il 1504 e il 1508, quando a Firenze circolavano in contemporanea artisti come Michelangelo e Raffaello, Leonardo da Vinci redasse gran parte di un manoscritto chiamato poi Codice Leicester, dal nome della contea del conte inglese Thomas Coke che lo acquistò nel 1717. È uno di quei manoscritti “alla Leonardo”, se così possiamo etichettarlo: composto da 72 pagine in 36 fogli, il testo è scritto all’incontrario da destra a sinistra, come scriveva il pittore-scienziato, ed è accompagnato da disegni. Il tema prevalente è l’acqua, i suoi flussi, i movimenti, i turbini, i progetti di ingegneria idraulica per fiumi e canali. Non mancano osservazioni astronomiche, come quando Leonardo supponeva che la superficie lunare fosse irregolare e analoga a “quella di una mora o di una pigna” altrimenti, se era una sfera perfetta come molti credevano, a suo giudizio non poteva riflettere in modo uniforme la luce solare verso la Terra. Aveva ragione. Meno correttamente, ipotizzava che la superficie del satellite fosse coperta di acqua. Ma era l’inizio del XVI secolo e la Terra stava ancora salda al centro dell’universo.
Dal conte di Leicester a Bill Gates
Nel 1980 il miliardario Armand Hammer comprò il manoscritto dai discendenti di Coke e lo portò negli Stati Uniti. Nel 1994 lo acquistò Bill Gates per oltre 30 milioni di dollari e adesso il fondatore di Microsoft ha concesso i fogli vinciani agli Uffizi per una mostra alquanto particolare, soprattutto per un museo d’arte. Molto tecnologica, adattissima ai ragazzi (ma pure gli adulti possono apprendere con piacere), l’esposizione è curata da uno dei conoscitori più profondi di Leonardo scienziato: il direttore dell’Istituto e Museo di storia della scienza Galileo di Firenze Paolo Galluzzi. Con ingresso nel Loggiato degli Uffizi, allestita nell’Aula Magliabechiana, “L’acqua microscopio della natura. Il Codice Leicester di Leonardo da Vinci” propone dal 30 ottobre al 20 gennaio 2019 i fogli del manoscritto come antipasto delle celebrazioni per il quinto centenario della morte dell’artista-scienziato, il 2 maggio 1519 ad Amboise.
Schmidt: prestare uno dei tre Leonardo degli Uffizi? “No”
Per i 500 anni la Francia aveva chiesto in prestito i tre Leonardo degli Uffizi, “Il battesimo di Cristo” del Verrocchio al quale collaborò il giovane pittore, “L’annunciazione”, “L’adorazione dei magi”. Lo rivela in conferenza stampa Lucia Borgonzoni, sottosegretario ai Beni culturali accennando a mail precedenti all’attuale esecutivo che non escludevano il prestito. A suo parere l’Italia può prestare qualche disegno, è in ballo un dipinto a Parma, ma la pittura non si sposta e la parola spetta al governo.
“I tre dipinti fiorentini sono inamovibili e non si muovono, non possiamo portarli altrove o metterli a rischio, già trasferirne due dal primo al secondo piano della Galleria per riunirli in un’unica sala è stato come un viaggio dalla terra alla luna, per restare in argomento vinciano”, taglia corto il direttore degli Uffizi Eike Schmidt. “Abbiamo la responsabilità di tramandare queste opere, finché resto qui non viaggiano nemmeno per 50 metri. Sono identitarie del museo per i fiorentini, i turisti vengono dall’altra parte del mondo per vederle, ma la ragione più forte è la loro conservazione. È normale che ci vengano chiesti. Ma non si spostano”. Dell’eventuale scambio di mail accennato dalla Borgonzoni afferma di non sapere nulla. Lo storico dell’arte ricorda che i tre quadri sono protetti da vetri di ultima generazione contro eventuali aggressori e in grado di annullare ogni riflesso cromatico mentre la Gioconda al Louvre ha sì vetri perfetti, ma di generazione precedente per cui, accenna ai cronisti, non eliminano un certo effetto “verdolino”.
I fogli riprodotti in alta qualità
Torniamo al Codice Leicester. All’ingresso un corso d’acqua fluisce, proiettato, sul pavimento. I fogli sono in teche iperprotette che permettono di vedere i due lati delle pagine. Solo che Leonardo così com’è affascina ma non è proprio comprensibile. Perciò il Museo Galileo con gli Uffizi ha approntato schermi interattivi dove si può sfogliare, si possono guardare ad altissima risoluzione virtuale quelle pagine tramite uno strumento digitale detto “Codescope”. Si può anche leggere la trascrizione del manoscritto e siccome Leonardo scriveva al contrario basta un clic per vedere il testo sia riprodotto nella forma più adatta a noi umani senza il suo genio, da sinistra a destra, sia trascritto che nell’originale. Si può ingrandire il foglio, scegliere la pagina. Le spiegazioni, chiare, sono però soltanto in inglese, invece sul sito web sono bilingui. Gli schermi sono ad altezze diverse, anche a portata di bambini quindi. È una mostra fatta di pannelli digitali oltre che dei fogli del Codice, arricchita da fogli del Codice Atlantico dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano, del Codice Arundel dalla National Library di Londra, dal Codice sul volo degli uccelli dalla Biblioteca Reale di Torino.
Galluzzi: “Leonardo senza precedenti nello studio dell’acqua”
“L’acqua come microcosmo della natura, come lente d’ingrandimento” sul mondo “dove l’occhio è sorretto dalla mente”, spiega Galluzzi. “Leonardo vede l’intera natura come con una lente d’ingrandimento e nel manoscritto definisce l’acqua ‘vetturale della natura’ ed è senza precedenti nel definire gli infiniti movimenti dell’acqua” con uno sforzo che rimarrà senza eguali fino all’800, puntualizza lo storico della scienza. Il quale è entusiasta anche per il ritrovamento, nel museo scientifico da lui diretto, di settemila lastre fotografiche in vetro di inizio ‘900 sull’intero manoscritto.
Info pratiche e il problema dell’ingresso
Con la mostra sostenuta finanziariamente dalla Fondazione Cassa di risparmio di Firenze (Schmidt tace sulle spese di assicurazione di sicuro elevatissime), “L’acqua microscopio della natura” è corredata da un catalogo Giunti. Il biglietto intero costa 20 euro (10 per cittadini Ue tra i 18 e i 25 anni, gratis sotto) il 30 e 31 ottobre, dal 1° novembre 12 euro l’intero e 6 euro il ridotto perché a quella data scatta la tariffa di “bassa stagione”. Quanto all’ingresso, per adesso si arriva all’Aula Magliabechiana solo attraversando l’intero museo: una maratona, per chi è interessato solo a questo capitolo. Fa sapere il responsabile dell’allestimento e architetto Antonio Godoli (con Nicola Santini) che agli Uffizi stanno studiando un possibile ingresso separato per la mostra, ma è complicato trovare una soluzione.
Il sito degli Uffizi