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Cioccolatini italiani, passaporto per immigrati e rifugiati

La giornalista Liana Aghajanian racconta perché per molti medio orientali negli Usa i Ferrero Rocher sono uno status symbol

Cioccolatini italiani, passaporto per immigrati e rifugiati
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redazione Modifica articolo

30 Aprile 2018 - 19.33


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Lo immaginavate che una delizia italiana è stata, ed è, per molti immigrati negli Stati Uniti una via d’accesso impareggiabile? La delizia sono i Ferrero Rocher davanti ai quali, se siete minimamente golosi di cioccolato e nocciola, resistere (ammesso che si voglia o si debba resistere) è impresa ardua.

Ordunque, in un articolo sul sito thrillist.com la giornalista di origini iraniane Liana Aghajanian, che è rifugiata in California, ha scritto che per lei “e molti altri immigranti la vita in America è profondamente legata alle scatole dei Ferrero Rocher”. Ricorda, l’autrice: “Sono venuta negli Usa dal Medio Oriente nei tardi anni ’80 con i miei genitori. Eravamo rifugiati iraniano-aermeni e cercavamo di ricostruire la nostra vita dopo la guerra tra Iran-Iraq. Come molte altre famiglie di immigrati, spesso abbracciavamo goffamente la nuova identità americana tentando di preservare quella che ci aveva condotto attraverso migliaia di anni”. Cosa c’entrano i cioccolatini? Insieme al dollaro americano, e al tomano iraniano (un multiplo della valuta iraniana, scrive wikipedia) i Ferrero Rocher erano “la terza forma di valuta legale che sapevo essere sacra e autentica”.

Con quegli involucri dorati e pieni di cioccolata e nocciola la scatola era un segno di rispetto, di buon gusto, simboleggiava una buona vita, “una cosa tangibile che incapsulava in modo vivido le aspirazioni sociali ed economiche in un modo che nessun altro cibo poteva fare”. La scatola (soprattutto quella da 48 di cioccolatini) “era una lingua segreta, universale, condivisa dagli immigranti negli anni ’80 e ’90”. E se andavi a casa di qualcuno, portare i Ferrero Rocher in dono voleva dire avere la riconoscenza sicura di chi ti ospitava. A casa propria era sul tavolo per gli ospiti, come simbolo d’onore, di rispetto. “Per la scrittrice Tasbeeh Herwees e la sua famiglia libico-americana, i Ferrero Rocher erano una presenza costante in casa, grazie alla madre di lei, ma erano una sorta di frutto proibito, una delizia riservata ai visitatori”.

Onde evitare malintesi o strane interpretazioni: abbiamo appreso la notizia dal sito che vi abbiamo linkato sopra, non dall’azienda. Non è pubblicità. Verrebbe da suggerire di offrire qualche cioccolatino a Trump per fagli cambiare idea sulla politica. Peccato che sarebbe impossibile smuoverlo a più dolci pensieri e idee.

 

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