Quando c’è Vittorio Sgarbi è facile che fiocchino polemiche e problemi. Stavolta è la sua nomina a docente di storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Perugia, istituto quanto mai rinomato e di prestigio, che solleva diatribe.
Lunedì 30 ottobre lo storico dell’arte si è presentato indossando la toga accademica all’inaugurazione dell’anno accademico dell’università e in sala era presente il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Valeria Fedeli. Avendo firmato un contratto con il rettore Giovanni Paciullo Sgarbi ai cronisti prometteva (o minacciava, per gli studenti) esami fiume fino a sei-otto ore di durata. Scherzava, però non è uno scherzo quando l’ateneo perugino, tramite il direttore generale Cristiano Nicoletti, ha avvisato per iscritto Sgarbi che il contratto non era valido perché è dipendente del Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo, anche se in aspettativa, e un dipendente pubblico non può avere due o più contratti nello stesso momento.
Il neo professore come prevedibile non si arrende. Sostiene che per la legge Madia sul pubblico impiego un dipendente può cambiare sede facendo domanda, e questo già accadeva, afferma di avere informato il ministro di via del Collegio Romano Dario Franceschini dopo aver saputo dell’intoppo e di aver comunicato ai Beni culturali l’incarico perugino. E conclude che ha ricevuto l’incarico, lo prenderà e che dovranno risolvere l’inghippo i due ministeri.
L’incarico, da 300mila euro l’anno, è triennale e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia per la quale Sgarbi ha appena curato la mostra Da Giotto a Morandi, tesori d’arte di Fondazioni e Banche italiane in corso fino a domenica 5 novembre.