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Tutto è diventato “ibrido”: all’origine però questa parola significava violazione dell’ordine

Un aggettivo che sta prendendo sempre più terreno nel linguaggio dei nostri media.

Tutto è diventato “ibrido”: all’origine però questa parola significava violazione dell’ordine
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14 Settembre 2025 - 15.04


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di Maurizio Bettini

Che sia davvero quello che, meglio di ogni altro, descrive il presente stato della nostra cultura? Ecco infatti il motore ibrido, quello che combina due diversi sistemi di propulsione, tradizionale ed elettrico.

Fa il paio con l’impianto ibrido, un sistema di riscaldamento che unisce la classica caldaia a condensazione con una pompa di calore. Poi viene il lavoro ibrido, che in pratica consiste nel lavorare un po’ a casa propria, con l’ausilio della rete, e un po’ nella sede tradizionale. Che anzi, accanto al lavoro ibrido c’è il relativo “luogo di lavoro ibrido”, in cui i dipendenti possono in pratica lavorare dove gli pare, non solo nelle due sedi che abbiamo appena indicato.

Anche i medici, per parte loro, si sono prontamente schierati dalla parte dell’ibrido, con la creazione di una (benemerita) sala ibrida, ovvero una sala angiografica adattata alla chirurgia, che risparmia al paziente di essere ricoverato in terapia intensiva dopo l’operazione e lo rimette in piedi in quattro e quattr’otto.

Ancora, visto che stiamo scrivendo per un quotidiano online, non possiamo far a meno di nominare il giornalismo ibrido, ossia quello che, secondo la definizione di Chadwick, è basato sull’intersezione e l’interazione tra i media tradizionali e i nuovi media digitali.

Infine, ahimé, l’applicazione più sinistra del nostro aggettivo: la guerra ibrida, quella che combina mezzi e metodi tradizionali in tutti i conflitti (siano essi militari o di carattere economico) con procedimenti prima sconosciuti (disinformazione, attacchi informatici, etc.). Ma cosa significa, esattamente ibrido? 

Propriamente questo aggettivo indica vegetali o animali generati dall’incrocio fra individui di razza o specie diversa, per esempio il mulo, figlio di un asino e di una cavalla. Ma prima ancora, a chi dobbiamo questo aggettivo? La storia è strana. Lo dobbiamo sostanzialmente ai Romani, anche se si tratta a sua volta di un ‘ibrido’ esso stesso. Mi spiego.

Il sostantivo latino hybrida, che significa bastardo, di stirpe mista, è infatti formato da una parola greca (hybris) un suffisso latino (-dus). “Ibrido” insomma è un vero e proprio trionfo dell’ibridismo, da tutti i punti di vista. Ma andiamo ‘all’indietro’ un’ultima volta.

A sua volta la parola greca hybris che significa? La sorpresa sta qui. Essa indica la violazione dell’ordine, la prevaricazione, l’oltracotanza, l’agire calpestando il diritto altrui e per di più facendolo apposta, per umiliare qualcun altro. Come quando Serse, imperatore persiano, pretese di mettere letteralmente i ceppi e le catene alle acque che scorrevano nello stretto dei Dardanelli: voleva costruire un ponte attraverso cui far passare a piedi i suoi soldati. Il ponte crollò miseramente, il dio Poseidone non accettò di subire la hybris di Serse e di essere incatenato.

L’ibrido insomma sfiora la prevaricazione, l’oltracotanza, la violenza sui diritti altrui, il disprezzo. Eccola, la guerra ibrida.

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