Un’estate senza condizionatore? Per molti è un ossimoro e purtroppo, per via delle temperature di anno in anno sempre più alte, il loro uso è in costante aumento. Case, attività commerciali e uffici diventano dunque un salvifico rifugio dalla calura, con temperature talvolta persino troppo basse rispetto a quelle esterne. Condizione, quest’ultima, che è bene evitare. Ma non è questo il punto. C’è un che di paradossale rispetto all’uso dei condizionatori: li utilizziamo per rinfrescarci ma più lo facciamo più contribuiamo all’aumento del riscaldamento globale. Perché? In primo luogo per le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione di energia elettrica, in parte minore per i gas refrigeranti necessari al loro funzionamento, alcuni dei quali causa dell’effetto serra e dell’impoverimento dello strato d’ozono. Facciamo qualche calcolo.
L’Istat stima che in Italia una famiglia sua due abbia un condizionatore, dunque in totale ne sono installati circa 12 milioni solo per uso domestico, che nei mesi estivi vengono usati dalle 6 alle 8 ore al giorno. Una famiglia che ne possiede uno di media potenza da 12.000 BTU/h consumerebbe dunque dagli 800 ai 1200 Kw/h che, considerando il prezzo medio attuale dell’energia di 0,32€ per Kw/h, si traducono in un costo in bolletta tra 256 a 384 euro.
Di conseguenza una prudente stima fa registrare circa 13 miliardi di Kw/h consumati nei mesi estivi per alimentare tutti gli impianti di condizionamento in Italia. Con qualche altro calcolo è possibile ipotizzare l’impatto in termini di emissioni di CO2. Secondo i dati preliminari forniti dalla Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel 2024 produrre un Kw/h nel nostro Paese comporta l’emissione di 215,9 grammi di anidride carbonica. Moltiplicando questo dato per il sopracitato consumo nazionale quanto viene fuori è che in Italia vengano prodotte ben 2,9 milioni di tonnellate di CO2 per far funzionare i climatizzatori nei soli mesi estivi.
Facendo un raffronto si tratta della quantità emessa in un mese dall’insieme di attività civili e industriali in una regione come la Toscana o l’Emilia Romagna. C’è poi un ulteriore aspetto, citato in apertura, da tenere presente: contribuiscono al riscaldamento globale anche i gas refrigeranti. Sebbene l’uso dei famigerati fluorati sia stato bandito in Europa dal 2050, a oggi l’utilizzo delle alternative ecologiche è ancora relativamente poco diffuso. Ne consegue che questi rappresentino un’ulteriore minaccia al nostro pianeta.
Da non sottovalutare poi l’impatto che l’utilizzo massiccio dei climatizzatori ha sulla rete di distribuzione energetica. È stato stimato che nei periodi più caldi fino a un quarto della domanda energetica serva proprio per alimentare gli impianti di climatizzazione. Non sono casa rara, infatti, i blackout causati proprio da un eccessivo assorbimento energetico atto a combattere le temperature record. Tra i più recenti quello del primo luglio a Bergamo, la cui causa più probabile è proprio la sopracitata.
A livello globale l’Agenzia internazionale per l’energia calcola che il 15% dell’elettricità consumata mondialmente venga utilizzata per rinfrescare gli ambienti chiusi, un dato destinato a crescere negli anni a venire. Ciò per due ragioni: in primo luogo per l’aumento costante delle temperature, secondariamente perché anche i cosiddetti paesi in via di sviluppo in cui i condizionatori sono relativamente poco comuni, in primis Cina e India, vedono una loro crescente diffusione.
In sunto la morale è sempre la stessa: bisogna essere consapevoli dell’impatto che i nostri consumi e le nostre azioni hanno sull’ambiente. La parabola dell’uso indiscriminato dei condizionatori dimostra come troppo spesso pecchiamo di cecità, e forse anche di menefreghismo, nel considerare gli effetti macroscopici che le nostre azioni hanno. L’importante è stare al fresco nel salotto di casa, anche se così facendo riscaldiamo il resto del globo.