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Dal ’46 ad oggi si sono tenuti 78  referendum, molti  abrogativi

ll raggiungimento del quorum è stato determinante in passato. Perché è importante oggi partecipare.

Dal ’46 ad oggi si sono tenuti 78  referendum, molti  abrogativi
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28 Maggio 2025 - 17.28


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di Caterina Abate

Se l’Italia oggi è una Repubblica democratica lo deve al referendum del 2 giugno del 1946. Con il ritorno alle libere elezioni i cittadini, e per la prima volta le cittadine, che avessero compiuto 21 anni, allora la soglia della maggiore età, poterono scegliere la forma di governo che preferivano. Vinse così la repubblica sulla monarchia, con 12.717.923 preferenze. 

Dal 1946 ad oggi si sono svolti 78 referendum, 72 dei quali abrogativi. Negli anni la partecipazione degli elettori ai referendum è andata purtroppo scemando. Una delle cause di questo disamore può trovarsi nella natura dei quesiti posti, diventati sempre più specifici e tecnici o comunque considerati lontani dal sentire della maggioranza. Ha inoltre avuto peso il fatto che gli esponenti politici dei partiti contrari ad alcuni referendum abbiano incitato i cittadini a non andare a votare per  evitare di raggiungere il quorum.  Nell’intenzione delle madri e dei padri costituenti,  il quorum dei referendum era uno strumento di garanzia, affinché decisioni importanti per il paese non fossero demandate soltanto ad una generica maggioranza di votanti, ma quantomeno al cinquanta percento più uno degli aventi diritto.

Il primo referendum abrogativo si svolse il 12 e 13 maggio del 1974 e fu quello con la più alta percentuale di votanti, con l’87% degli aventi diritto. Si votava infatti per abrogare la norma che sanciva il divorzio. Vinsero i contrari con il 59% contro il 41 dei favorevoli.  Nel 1978, l’11 e 12 giugno, si svolse un referendum con due quesiti: nel primo si chiedeva di abrogare la legge Reale, che decretava l’inasprimento delle pene in caso di terrorismo; mentre il secondo riguardava il finanziamento pubblico ai partiti. Andarono a votare l’81% degli aventi diritto.  Il 1981 fu un altro anno con importanti decisioni sociali e un quorum più che superato del 79,4%. Il referendum prevedeva 5 quesiti, tra cui: l’abolizione dell’ergastolo; possesso di armi; un primo quesito sull’aborto promosso dal partito Radicale, mirante a revocare il carcere per chi praticava o faceva praticare l’interruzione di gravidanza dopo i primi 90 giorni; un secondo quesito sull’aborto promosso dal Movimento per la Vita che mirava ad abrogare parti della legge per renderne più difficile la pratica. 

Nel 1985, l’8 e il 9 giugno si votò per abrogare la norma varata dal governo Craxi che tagliava l’adeguamento dei salari all’inflazione, la così detta scala mobile. L’affluenza fu del 77,9%, nonostante il presidente Craxi avesse consigliato agli italiani di recarsi al mare. 

Nel 1987, si votò a novembre per 5 quesiti, di cui tre sul tema dell’energia nucleare: uno sulla localizzazione delle centrali nucleari; un altro sui contributi agli enti locali che ospitavano siti di centrali nucleari; ed il terzo sul divieto all’Enel di partecipazione ad impianti nucleari situati all’estero. L’affluenza fu in questo caso del 65,1%. 

Il primo  referendum in cui non fu raggiunto il quorum  si tenne il 3 e 4 giugno del 1990: votarono  solo  il 43% di partecipanti. I tre quesiti riguardavano la caccia, l’accesso da parte dei cacciatori a terreni privati, l’utilizzo di pesticidi. 

Nel 1991 il 9 e 10 giungo si votò per la riduzione delle preferenze da esprimere alle elezioni della Camera dei Deputati, da 3 a 1. Votarono il 62,5% degli elettori. Era una legge che piaceva a diversi partiti. Ancora alta resta la percentuale, al 77% nei referendum del 1993. Gli elettori si dovettero esprimere riguardo: competenze delle Usl in materia ambientale; abrogazione delle pene per i detentori di stupefacenti ad uso personale; finanziamento pubblico ai partiti (per la seconda volta); casse di risparmio e Monti di Pietà; soppressione del Ministero dell’agricoltura e della foreste; soppressione del Ministero del turismo e dello spettacolo. 

Nel 1995, l’11 giugno si votarono ben 12 quesiti, due sulle quote delle rappresentanze sindacali; uno sulla contrattazione del pubblico impiego; soggiorno cautelare per gli imputati di reati di mafia; privatizzazione Rai; autorizzazione al commercio; trattenute contributi sindacali; legge elettorale dei comuni; orari esercizi commerciali; concessioni televisioni nazionali; interruzioni pubblicitarie; raccolta pubblicità radiotelevisiva. Il quorum venne raggiunto, e a passare furono i primi quattro quesiti e il sesto. Nel 1997 si votò l’8 e 9 giugno per 7 quesiti, ma si arrivò solo al 30% di affluenza. Due dei quesiti erano già stati proposti nel 1990  e nel 1993. Tra gli altri quesiti ve ne era uno sulla abrogazione delle limitazione per l’esercizio dell’obiezione di coscienza.

Anche nel 1999, quando si votò il 18 aprile per abolire la quota proporzionale della legge elettorale della Camera dei Deputati non si raggiunse il quorum ( 49,6%). 

Con il nuovo millennio la situazione del mancato raggiungimento del quorum peggiorò sensibilmente. Il 21 maggio del 2000 si votò per ben 7 quesiti referendari, ma al voto si recarono solo il 32 % degli elettori probabilmente anche per via del carattere eccessivamente tecnico di alcuni di questi. Anche il 15 giungo del 2003 il referendum con soli due quesiti raggiunse solo il 25,5% di affluenza. Si votava per estendere a tutti i lavoratori il diritto di reintegro per i licenziamenti senza giusta causa; abrogazione dell’obbligo per i proprietari terrieri di dare passaggio delle condutture elettriche sui propri fondi. 

Nel 2005 i quattro quesiti votati il 12 e 13 giugno furono: abolizione dei limiti alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni; abolizione dei limiti per l’accesso alla procreazione medicamento assistita; abolizione delle norme che indagavano la finalità, il diritto dei soggetti coinvolti per l’accesso alla PMA; abolizione del divieto alla fecondazione eterologa. Anche questa volta il quorum non venne raggiunto, complice le campagne strumentali volte all’astensione.

Il 21 e 22 giugno del 2009 si votò per tre quesiti: assegnazione premio di maggioranza alla lista più votata, anziché alla coalizione per Camera; stesso quesito per il Senato; impossibilità per una stessa persona di candidarsi in più circoscrizioni. Anche in questo caso il quorum restò fermo al 23/24%.

Finalmente nel 2014 il quorum  venne raggiunto con un’affluenza del 54,8%. Si votò il 12 e 13 giugno e i quesiti erano 4: abrogazione delle norme che consentono la gestione dei sevizi pubblici locali a operatori privati; abrogazione delle norme che prevedono che all’interno della tariffa dell’acqua sia compresa anche la remunerazione del capitale investito dal gestore (acqua pubblica); abrogazione delle norme che consentono la produzione su territorio nazionale di energia nucleare; abolizione della legge per il legittimo impedimento del presidente del Consiglio e dei Ministri. 

Il 17 aprile 2016 si votò per la proroga delle concessioni all’estrazione di idrocarburi in mare fino all’esaurimento dei giacimenti. Il quorum scese nuovamente al 31,2 %. 

L’ultimo referendum abrogativo  si è tenuto il 12 giugno del 2022 e nemmeno in questo caso si raggiunse il quorum, con il 20,4% di affluenza. Anche in questo caso erano 5 i quesiti riguardavano norme specifiche e tecniche che apparentemente non ricadevano su tutti i cittadini.

Il prossimo 8 e 9 giugno i cittadini sono chiamati nuovamente alle urne per votare riguardo 5 referendum abrogativi, in tema di lavoro e cittadinanza. Dopo anni di astensione referendaria, sarà quanto mai fondamentale recarsi alle urne.  

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