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Italia e Israele, un legame ancora troppo stretto

Militarizzazione della ricerca: che fare? Ne discutiamo con Osvaldo Costantini, docente di antropologia presso l'Università Sapienza di Roma.

Italia e Israele, un legame ancora troppo stretto
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12 Aprile 2025 - 14.59


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di Giada Zona e Agostino Forgione

Uno degli ospiti della seconda giornata dedicata alla questione palestinese è Osvaldo Costantini, professore della Sapienza di Roma presso il dipartimento di “Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione”. I suoi interessi di ricerca riguardano l’antropologia medica, l’etnopsichiatria, l’antropologia religiosa e l’antropologia politica. È stato proprio lui a dare il via all’assemblea che si è svolta stamattina presso lo Spazio Livi (ex Corte dei Miracoli) a Siena. Il suo intervento ha sollecitato diverse riflessioni in merito alle azioni che possiamo compiere noi, in quanto cittadini di un paese occidentale fin troppo legato a Israele. A seguito del suo intervento l’abbiamo intervistato ponendogli alcune domande che toccano i principali temi trattati.

Lei ha suggerito di analizzare i rapporti tra gli atenei italiani e israeliani. Subito dopo il suo intervento il pubblico ha riflettuto proprio su questa tematica. Quale crede sia la proposta più efficace per creare dei rapporti sani tra il nostro paese e Israele? Perché ancora oggi, di fronte al genocidio, non abbiamo assistito a un cambiamento significativo di questi rapporti?
La logica da perseguire, secondo me, è quella del taglio netto con un dispositivo di potere come quello israeliano, il cui l’obiettivo è abbastanza evidente ed è quello di sottrarre il territorio ai palestinesi e deportarli in vari luoghi del mondo, come proposto in questi giorni. Dunque, non vi può essere un rapporto sano finché quello che dispiega Israele non sarà un progetto di reinserimento e restituzione di un luogo dove abitare a persone che provengono da una tragedia. Ad oggi, invece, stiamo assistendo al tentativo di sottrarre risorse e territori alla popolazione che abitava quei territori. Il rapporto con Israele, dunque, non potrà essere normalizzato finché Israele non si ritira delle sue colonie illegali e non riconoscerà il diritto dei palestinesi a vivere nel territorio loro sottratto. Il ragionamento da affrontare, dunque, è un altro, e riguarda fin quanto siamo complici di tutto ciò.

Lei ha discusso di una svendita della produzione dei saperi ai privati e del definanziamento delle università. Quali crede siano le ripercussioni di questi due fenomeni, estremamente collegati, per gli studenti e le studentesse che vorranno intraprendere la via della ricerca?
Non avranno più la possibilità di studiare per approfondire e produrre benessere collettivo. Perseguiranno il gioco di un sapere che fin quando sarà finanziato da un privato non potrà fare altro che giovare agli interessi del privato stesso. D’altronde perché un’industria dovrebbe finanziare qualcosa che non va a favore deli suoi interessi economici e produttivi? Il rischio è dunque quello di trovarsi un’università completamente assorbita delle logiche di mercato della valorizzazione economica, anche perché non va dimenticato che il dominio verso l’esterno dell’Europa è una caratteristica fondante del capitalismo moderno.

Ormai siamo giunti alla fine di queste due giornate. Si ritiene soddisfatto? Secondo lei, qual è stato l’impatto sul pubblico?
Questo non sono in grado di valutarlo, ma sono soddisfatto per quello che siamo riusciti a creare. Quanto di bello è che è bastato proporre per ottenere una risposta. Noi non siamo nessuno, siamo solo ‘Antropologi per la Palestina’, persone che in qualche modo si sono attivate su un tema e fatto una proposta, quella di vedersi per due giorni alternando momenti riflessivi e pratici. La soddisfazione maggiore forse è proprio questa, quella di vedere finalmente un dialogo tra teoria e pratica. Ci siamo posti dei problemi materiali, abbiamo riflettuto, siamo tornati a porci altri quesiti e così via. È questo il processo che, secondo me, dovrebbe essere perseguito anche all’interno delle università.

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