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Il colossale debito italiano, una torre di banconote

Dai ghiacciai dell’Everest fino all’orbita terrestre, un percorso immaginario nel debito pubblico - che si avvicina ai 3.000 miliardi di euro - e nella finanza italiana che sfida ogni logica.

Il colossale debito italiano, una torre di banconote
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18 Febbraio 2025 - 16.19


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di Lorenzo Lazzeri

Il debito pubblico italiano immaginatelo come una torre di banconote che si protende alta fino a sparire nel cielo; un monumento di carta che si innalza ben oltre le altezze della nostra comprensione quotidiana. Se provassimo a impilarlo in biglietti da 100 euro, ciascuno spesso appena 0,1 millimetri, ci troveremmo di fronte a una costruzione vertiginosa di 297 chilometri, una colonna che supererebbe di trenta volte l’Everest spingendosi ben oltre le rotte aeree intercontinentali, ma arriverebbe a toccare le orbite dei satelliti Starlink.

Una visione che destabilizza, perché traduce in immagini concrete un’entità finanziaria che, nella sua astrattezza numerica, non riusciamo a contare, anzi, che abbiamo imparato a ignorare.

Dietro questa torre immaginaria c’è la storia di una gestione pubblica che per decenni ha vissuto di deficit e compromessi, di una crescita economica mai davvero in grado di tenere il passo con una spesa, nutrita da retoriche espansive e calcoli demagogici di convenienza politica. Non siamo soli su questo altopiano debitorio, ma la nostra situazione è peculiare. Non possiamo, pertanto, paragonarci a economie come quelle statunitensi o giapponesi, la cui solidità interna e la capacità di attrarre investimenti internazionali garantiscono una stabilità che ci è preclusa.

E così, questa babelica torre di banconote non è solo un esercizio di fantasia, ma produce una lunga ombra oscura che si staglia su un paese che ha spesso confuso il debito con la crescita, la spesa con lo sviluppo. Guardando quei 297 chilometri di carta che si innalzano verso il cielo, la domanda che sorge non è tanto quanto è alta questa torre? ma, piuttosto: quanto a lungo potremo ancora ignorarne l’ombra?. E, soprattutto, chi sarà disposto a pagare il prezzo di quella vertigine economica che continua a proiettarsi sul nostro futuro?

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