di Ilenia Valentini
Firenze, 11 febbraio 2025 – La Toscana fa storia, diventando la prima regione italiana a disporre una legge che disciplina il suicidio medicalmente assistito. Con una votazione che ha visto 27 favorevoli, 13 contrari e un’astenuta, la consigliera Lucia De Robertis, il Consiglio regionale ha approvato il provvedimento frutto di una lunga discussione basata sulla legge d’iniziativa popolare dell’associazione “Luca Coscioni”. La legge ha suscitato dibattiti accesi, divisi tra chi la sostiene come un passo avanti e chi la vede come un rischio per la vita umana.
Il testo è stato adottato grazie al sostegno della maggioranza di centrosinistra (PD + ItaliaViva), con il contributo dei due consiglieri del Movimento 5 Stelle e di un rappresentante del Gruppo Misto, Andrea Ulmi. L’opposizione di centrodestra, composta principalmente da leghisti, Fratelli d’Italia e Forza Italia, ha votato compatta contro, denunciando i pericoli di un “turismo della morte” in Toscana. A rendere più pesante il clima politico la solitudine di Lucia De Robertis del PD, l’unica nel suo gruppo a manifestare dissenso, nonostante il progetto sia stato guidato dal suo partito.
I dettagli della legge
Il testo approvato stabilisce una procedura per i pazienti che desiderano accedere al suicidio assistito, garantendo loro un trattamento uguale e chiaro in tutte le ASL della Toscana. La legge prevede che la domanda venga presentata al direttore dell’ASL, seguita dalla formazione di una commissione medica ed etica che avrà un mese per esprimersi sulla congruità della richiesta. In caso di esito positivo, il medico e il farmaco necessari per la procedura verranno individuati entro dieci giorni. L’intera procedura non dovrà superare i 37 giorni, e sarà completamente gratuita per il paziente. Se la commissione giudica la richiesta non idonea, questa verrà rifiutata.
La reazione del governo e le possibili implicazioni costituzionali
Il dibattito sul suicidio medicalmente assistito ha preso piede dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 18 luglio 2024, che ha ribadito i requisiti per l’accesso a questa pratica, limitandola a pazienti in condizioni particolari, come quelli dipendenti da trattamenti di sostegno vitale. La Corte aveva sollecitato il Parlamento a legiferare in merito, ma l’inerzia a livello nazionale ha spinto diverse regioni a intraprendere percorsi autonomi.
Il passo della Toscana solleva inevitabili interrogativi riguardo alla posizione del governo, che potrebbe decidere di impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale. Quindi sebbene la Corte avesse più volte invitato il Parlamento a imporsi sulla materia, il governo ha comunque la possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale se ritiene che la legge ecceda le competenze della Regione. La tempistica per l’eventuale impugnazione è di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge.
In ogni caso, l’approvazione della legge toscana porta alla luce una realtà complessa: mentre a livello nazionale il Parlamento non ha ancora raggiunto una conclusione definitiva su questo tema, diverse regioni italiane, come il Veneto e il Piemonte, hanno provato in passato a legiferare in materia, ma senza successo. La Campania e la Sardegna sono ancora in fase di discussione, mente l’Emilia Romagna ha emanato una sorta di regolamento tramite una delibera di giunta. La Toscana, dunque, si distingue come la prima a completare un percorso normativo su questo fronte.
Le voci politiche e le preoccupazioni morali
Il dibattito in aula è stato particolarmente acceso, con numerosi interventi emotivi da parte dei consiglieri, alcuni dei quali hanno raccontato esperienze personali legate alla sofferenza e alla morte. Non sono mancati i riferimenti a questioni morali, con alcuni consiglieri cattolici che hanno espressamente dichiarato di aver difficoltà a conciliare la propria fede con la decisione di votare favorevolmente alla legge. A questo riguardo, è stato cruciale l’intervento del presidente della Commissione Sanità, Enrico Sostegni (Pd), che ha mediato per cercare un consenso all’interno del suo partito.
Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, pur non essendo intervenuto direttamente sul tema, ha espresso il suo supporto alla legge, sottolineando che si trattava di una misura in linea con la sentenza della Corte Costituzionale e finalizzata a dare chiarezza e obiettività alle procedure sul suicidio medicalmente assistito.
Dall’altro lato, le opposizioni hanno sollevato preoccupazioni sia sul piano etico che legale. La capogruppo della Lega, Elena Meini, ha sperato in un intervento del governo centrale per fermare la legge, mentre Marco Stella (Forza Italia) ha accusato la Regione di aver creato un pericolo per la vita, paventando il rischio che la Toscana diventi una meta per chi cerca il suicidio assistito.
Le prese di posizione della Chiesa e delle associazioni Pro Vita
Il voto a favore della legge ha scatenato forti reazioni da parte di chi si oppone al suicidio assistito, in particolare le associazioni che si battono per la difesa della vita. Tra queste, spicca l’intervento del cardinale Paolo Augusto Lojudice, arcivescovo di Siena, che ha espresso la sua contrarietà alla decisione del Consiglio regionale, ribadendo l’impegno della Chiesa a favore della vita, in ogni sua forma. Lojudice ha esortato cappellani, religiosi e volontari a non arrendersi nella loro missione di portare speranza, nonostante la legge approvata.
Un passo storico, ma la discussione è ancora lontana dalla fine
Con l’approvazione di questa legge, la Toscana si è confermata pioniera in un campo controverso e delicato. Tuttavia, la questione rimane aperta a livello nazionale, con il Parlamento chiamato a prendere una posizione definitiva. La legge toscana potrebbe infatti fungere da spinta per una riflessione più ampia, che coinvolga anche altre regioni e il governo centrale, con l’obiettivo di definire norme chiare e condivise sul suicidio assistito. Le sfide morali, etiche e giuridiche, tuttavia, sono destinate a proseguire, alimentando il dibattito sulla fine vita in Italia.