di Lorenzo Lazzeri
“Spari contro Trump in un comizio: è stato ferito a un orecchio. Ucciso l’attentatore“
‘Tentativo di omicidio’, dice l’Fbi. Uno spettatore morto, due feriti. Shock in America e nel mondo”
Così titolava l’Ansa la notte del 14 luglio 2024, subito dopo l’attentato all’ex Presidente.
La notizia e la foto hanno fatto il giro del mondo. Già molti commenti offrono chiavi di lettura di un evento che inciderà fortemente sulla prossima campagna elettorale. Ciascuno di noi ha fatto e farà delle considerazioni sia sul fatto sia sull’immagine che, come si scrive, è già diventata iconica. A queste considerazioni aggiungo alcuni pensieri che mi sono passati per la mente.
Il primo punto interessante è che l’ex presidente, fautore di una politica aggressiva e della proliferazione delle armi, sia stato colpito come avviene in un contrappasso dantesco, venendo ferito proprio da un’arma da guerra di libero acquisto. Tuttavia, i miei dubbi sono ben altri. Data la precedente campagna elettorale e i mezzi meschini impiegati, mi viene da pensare che anche questo episodio possa far parte di una strategia ben pianificata e priva di scrupoli, come successo in passato. Quando lo scontro va fuori dalle regole del sistema democratico e l’insulto si sostituisce al ragionamento, accade poi che sia la violenza a prendere il posto della dialettica. E questo è un male non solo per chi è oggetto di tali aggressioni, che vanno sempre concordemente denunciate, ma per l’intero sistema democratico.
Nel caso attuale c’è un ragazzo ventenne, da poco diplomato, che spara utilizzando un AR-15, un’arma che poco si adatta al tiro su medie e lunghe distanze. I proiettili relativamente piccoli e veloci (.223 Remington o 5,56 Nato) sono soggetti a deviazioni dovute alle folate di vento.
Citando ancora l’Ansa: “Secondo il Washington Post il ragazzo era un elettore repubblicano, iscritto nei registri del partito della Pennsylvania, ma secondo il Guardian nel 2021, a 17 anni, aveva fatto una donazione di 15 dollari a favore dei democratici,” con destinatario il Progressive Turnout Project. Il ventenne viene subito ucciso dai cecchini della sicurezza, portando con sé nella tomba i misteriosi motivi di questo assurdo gesto.
L’immagine ormai iconica di Trump sanguinante e con il pugno alzato in segno di lotta si presterà a molte suggestioni hollywoodiane che potrebbero essere eccessivamente lontane dalla realtà, anche se non impossibili. È sicuramente vero che quest’azione assurda e ingiustificata ha rafforzato il potere e l’immagine del Tycoon. Ora, anche i repubblicani più indecisi si chiuderanno a difesa del loro leader.
Ma andiamo al punto: chi era veramente questo ragazzo? Per chi votava realmente? Era un repubblicano scontento o un democratico che temeva l’ascesa di un neonazista, oppure uno dei tanti che volevano iscrivere il proprio nome nella storia, infischiandosene di qualsivoglia ideale? Come era passato attraverso ben due perimetri di sicurezza raggiungendo indisturbato il più interno e protetto? Perché i servizi segreti, avvisati da alcuni dei partecipanti, non hanno preso provvedimenti?
La campagna elettorale si fa ancora più in salita per i democratici, che sono alle prese con problemi interni, oltre agli effetti dell’esecrabile gesto che ha portato alla parziale amputazione dell’orecchio di Trump e alla morte e al ferimento di cittadini innocenti.