Mai un papa aveva parlato così usando l’espressione “un Natale di dolore”, segno di uno scatto improvviso di angoscia e di preoccupazione estrema per la gravissima condizione dell’umanità. Conferma paurosa dell’orrore che suscita la situazione in cui si trova complessivamente la vicenda umana con due terribili aree di crisi, nel cuore dell’Europa e del Medio Oriente, senza che si intraveda nessuna capacità di concordare neppure una tregua indispensabile per salvare la catastrofe di vite, che coinvolge senza pietà bambini, donne e innocenti. Migliaia e migliaia di vittime e distruzione senza risparmiare abitazioni, scuole e ospedali e senza riuscire a garantire corridoi umanitari pure faticosamente concordati.
L’estremo appello del papa, ripetuto in continuazione e in varie forme non trova ascolto presso i potenti della terra. Vladimir Putin dichiara impavido che la “missione speciale” contro l’Ucraina potrà avere termine solo quando saranno raggiunti i piani del Cremlino. Beniamin Netanyahu insiste imperterrito affermando che la guerra durerà fino alla totale distruzione di Hamas ignorando, senza un bagliore di umanità, che i palestinesi non sono tutti terroristi ma un popolo martoriato avente diritto ad essere riconosciuto come soggetto civile e politico e collocato in una prospettiva di sviluppo pacifico e di dialogo riaffermando la formula inesorabile “due popoli due Stati”.
Purtroppo, però, le Nazioni Unite e l’Unione Europea non riescono ad esprimere con efficacia soluzioni praticabili, costrette in meccanismi decisionali che rallentano e impediscono soluzioni adeguate. Problemi decisivi e di enorme rilievo su cui si è soffermato il Presidente della Repubblica Mattarella con il suo intervento all’incontro con tutti gli ambasciatori a Roma. Infatti, in una situazione così grave manca una capacità di leadership credibile sia al palazzo di vetro che a Bruxelles. Specie per l’Unione Europea la richiesta dell’unanimità dei consensi blocca inesorabilmente decisioni e scelte più adeguate alla gravità della crisi: basta ad esempio il voto contrario dell’Ungheria di Orban perché decisioni importanti siano bloccate con un meccanismo di ricatto e di scambio che avvilisce ogni iniziativa di rilievo, costretta nelle forche gaudine di trattative e compromessi indecenti.
Tutto questo è dovuto alla carenza e alle difficoltà di una politica che si rivela incapace tanto sul piano internazionale che su quello interno, tutta assorbita dagli interessi nazionalistici di ciascun paese e quindi priva di una visione di insieme e di futuro corrispondente ai bisogni dei singoli e delle istanze sociali e comunitarie dell’Europa nel suo insieme. Oltre naturalmente agli squilibri e alle disparità delle varie aree di ciascun paese e delle risposte che non facilmente si riescono a comporre per raggiungere un profilo più alto di interesse generale. Ciò riduce la politica a scambio di favori e a soddisfazione egoistica di propri interessi che smarriscono sempre il senso dell’umanità delle scelte e del valore comune, prerequisiti indispensabili per la costruzione di una società più giusta, più solidale e più equa.
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