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Lo studioso vicino a Bergoglio: "Dipingere Milei come il male assoluto non aiuterà la ricostruzione"

Marco Gallo, docente all’Università Cattolica di Buenos Aires, studioso del pensiero di Jorge Mario Bergoglio, come tutti segue gli sviluppi del quadro politico argentino con evidente apprensione

Lo studioso vicino a Bergoglio: "Dipingere Milei come il male assoluto non aiuterà la ricostruzione"
Javier Milei
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

21 Novembre 2023 - 10.52 Globalist.it


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Marco Gallo, docente all’Università Cattolica di Buenos Aires, studioso del pensiero di Jorge Mario Bergoglio, come tutti segue gli sviluppi del quadro politico argentino con evidente apprensione. Non è sorpreso che proprio in queste ore, di poco successive alla vittoria di Javeir Mileli, che presto si insedierà alla presidenza dell’Argentina, emergano conferme dell’intenzione di papa Francesco di recarsi nel prossimo anno in Argentina per la prima volta da pontefice. 

Sentendolo parlare sembra scontato: se il papa si recasse solo in Paesi guidati da governi amici non avrebbe fatto tanti viaggi apostolici. Ma proprio questo punto, l’inimicizia tra Milei e Francesco, è lo spunto buono per capire che Marco Gallo non vuole cadere nel manicheismo. 

Quelle contro Francesco, osserva quasi di sfuggita, sono espressioni vecchie di anni, quando quello che tutti chiamano “el loco”, cioè il matto, non era un astro. Questo suo invito a distinguere tra le urla per emergere e ciò che si dice una volta emersi colpisce, perché per Marco Gallo occorre sottrarsi a questo schema semplificatore. E ricorda che l’altro candidato, il peronista Massa, non era certo un amico del cardinal Bergoglio. Politico di lungo corso, Massa a suo avviso incarna quella politica senza la visione a lungo raggio che il papa chiede, piuttosto un pragmatismo fallimentare e intriso di politiche clientelari, bugiarde soprattutto con “il popolo”. 

Massa ha guidato in questi anni il ministero dell’economia e certamente a suo avviso non lo ha fatto bene.  E’ un po’ il simbolo di quella crisi del peronismo, clientelare e statalista, che tanto male ha fatto a un Paese che oggi si ritrova ad avere un’inflazione astronomica (ho letto che si arriva al 175%) e una politica estera che li colloca vicino a Iran, Nicaragua, Venezuela. 

Il suo discorso cerca un bandolo per rendere accessibile a chi non ha familiarità, come me, con la situazione argentina e lo trova nel successo che ebbe nella scorsa legislatura il Movimento Cinque Stelle. “E’ stato un voto di protesta”, scandisce, e di motivi per protestare ce ne erano non pochi vista l’inflazione galoppante che riduce in miseria il Paese. Il quadro politico così esce terremotato e non sono i luoghi comuni su “el loco”, pur veri molto spesso,  quelli che possono aiutare a capire come rendere migliore e non peggiore l’Argentina di domani. Prima c’è da capire quella di oggi, con un peronismo fallito, in crisi, aggrappato ad una criminalizzazione di Milei che non ha funzionato, non poteva funzionare. “Nel suo discorso della vittoria Milei non ha fatto cenno alla dollarizzazione dell’economia”, uno dei cavalli di battaglia, tra i più inquietanti, della sua campagna elettorale Vicente. E questo gli sembra dire che “el loco” proprio loco non è. 

Anche la sua vice non è una compiutamente una “nostalgica di Videla”, come si dice. Indubbiamente non sarà la migliore espressione del fronte opposto, ma sentendo la sua spiegazione della storia politica della nuova vice presidente si capisce che lei difende militari dell’epoca precedente al golpismo di Videla, militari poi coinvolti troppo frettolosamente nel disastro che li ha seguiti. 

Lo sguardo di Marco Gallo così cerca di aiutarci a capire che le pieghe del fallimento argentino non possono essere cancellate in un piatto quadro in bianco e nero. Il punto su cui cerca di indirizzare il suo discorso è cosa abbia voluto dire il no popolare al continuismo che si è cercato di imporre a un Paese in profonda crisi per colpa soprattutto di chi questa crisi non ha saputo contenere né limitare, e Massa gli sembra espressione piena di questo mondo politico fallito. 

Il terremoto Milei è stato un vero terremoto, ma respingerlo come “ male assoluto” non aiuterà la ricostruzione. Il fallimento dell’attuale peronismo deve insegnare qualcosa, chiudersi nella difesa del noto e fallito passato per paura di “el loco” non aiuterà nessuno , piuttosto occorre capire chi può dare sostegno al nuovo presidente, che non ha un blocco consolidato. Gli errori di precedenti liberali, come l’ex presidente Macri oggi vicino a Milei, dovrebbero essere la base da cui partire per evitare di ricaderci, ma riassumere Milei nelle telefonate di felicitazioni di Trump e Bolsonaro è un errore pericoloso, anche altri si sono felicitati con lui. Perché consegnarlo a Trump e Bolsonaro? 

Ne esce una ricostruzione dell’Argentina piegata e piagata da una classe dirigente che ha fallito, un peronismo con poche qualità e molti difetti, ben riassunti proprio dallo sfidante destinato alla sconfitta, pecche antiche che col tempo hanno finito con il costituire un tappo che ha soffocato il Paese. Ora l’Argentina prova a ripartire da suo “anno zero”. Condannarlo ad essere peggio del peggio che già c’era non è saggio. Cosa faranno quelli di Juntos por el Cambio? E’ un’ampia coalizione di partiti di opposizione al deficitario governo uscente: Propuesta Repubblicana, Union Civica Radical, Coalición Civica, Encuentro Federal. Già divisi oggi, sono comunque un bacino di politica dove il nuovo corso può trovare, se consigliato opportunamente, energie positive. 

Il suo discorso riesce a rendere l’idea dei pericoli che l’argentina ha davanti. Pericoli che da anni sono nella realtà di milioni di argentini alle prese con un disastro economico che non si può far finta che sia colpa di Milei. El Loco forse non sarà la soluzione, ma certo la sua vittoria sembra dire che chiudere gli occhi davanti ai problemi reali del ceto politico non aiuta a risolverli.  

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