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Niente di nuovo sotto il cielo dei Campi Flegrei

Il bradisismo continua la sua incessante attività con scosse che mettono paura ma fanno meno danni di quaranta anni fa. I social fanno la cronaca e lasciano a tv e giornali solo i retroscena.

Niente di nuovo sotto il cielo dei Campi Flegrei
La suddivisione in zona rossa e gialla della Protezione Civile
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Marcello Cecconi Modifica articolo

13 Ottobre 2023 - 16.16


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In questo autunno i terremoti dei Campi Flegrei son tornati a far allarmare gli abitanti del Golfo di Pozzuoli e del Golfo di Napoli. Le scosse si susseguono anche se la maggior preoccupazione, con la conseguente uscita in strada delle persone, è stata causata da quella del 2 ottobre scorso, 4.0 della scala Richter, che ai più adulti ha fatto riemergere i fantasmi dell’autunno di quaranta anni fa.

Il 4 ottobre 1983 un terremoto di magnitudo 3,7 fece un morto, una trentina di feriti e molti danni alle abitazioni con il grave problema della ricerca di un letto per migliaia di sfollati. Si riaffaccia ancora l’annoso fenomeno del bradisismo, parola che letteralmente significa ”un movimento lento del suolo”, che nel tempo porta al sollevamento o all’abbassamento dell’area interessata.

Un fenomeno antico ma al quale gli studiosi hanno assegnato quel nome, bradisismo, proprio in seguito a quel terremoto di quaranta anni fa e allo sciame sismico che ne seguì. Nell’arco dei successivi due anni si contarono 5mila scosse di più modeste intensità ma che tennero in scacco quel territorio.

Le case costruite in pietra di tufo mal resistevano alle scosse anche solo del quarto grado della scala Richter.

Tante di quelle abitazioni e palazzi di quell’area erano già stati colpiti e danneggiati – e in gran parte non ancora riparati – dal terremoto del 23 novembre 1980 che aveva devastato l’Irpinia. Costruzioni che difficilmente potevano resistere alle oscillazioni delle ripetute scosse.

Fortunatamente in quarant’anni son cambiate tante cose e la sicurezza degli edifici è migliorata, cosicché, di fronte a un terremoto di uguale intensità, le conseguenze in termini di danni a persone e cose sono molto attutite. Solo calcinacci caduti in qualche zona di Napoli e verifiche dovute per la tenuta strutturale per le scuole e altri edifici ma senza nessun ferito.

I titoli di allora e di oggi del Mattino di Napoli lo dimostrano: “Fuggono da Pozzuoli che trema”, diceva quello del 1983, “Terremoto nei Campi Flegrei, scuole chiuse oggi a Pozzuoli”, è invece quello del 3 ottobre 2023.

Le Mappe della Protezione Civile dividono l’area interessata in zona rossa e gialla: per la prima in caso di allarme è previsto il preventivo allontanamento degli abitanti, mentre per la gialla, esterna, è sufficiente l’allontanamento temporaneo per chi abita in edifici vulnerabili.

Le aree che investono il Golfo di Pozzuoli e quello di Napoli interessano circa 1milione e 300mila abitanti e per i quali esiste un piano di evacuazione che prevede lo spostamento in altre regioni d’Italia.

L’apprensione per il futuro di questa zona non è di certo cessata e il continuo ripetersi dei terremoti rinnova i brividi del ricordo diretto o quelli del racconto di chi è dovuto andarsene nel 1983. “È impossibile pensare che i Campi Flegrei si spengano perché sono un vulcano attivo” ha riferito, fra le tante cose, Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in audizione alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati.

Rimane, dunque, la pericolosità arcinota di un’area vulcanica in continua attività e che ogni tanto torna a farsi sentire minacciosa con boati, innalzamento del suolo e scosse. Quarant’anni fa erano giornali e televisione a portare alla luce le scene dei disagi del terremoto, oggi sono bruciati dall’anticipo delle telecamere urbane e dei social, che postano le scene delle scosse stesse. Ai giornali e alla tv restano, come al solito, i retroscena, i dettagli, sui quali creare una narrazione con l’obiettivo di formare coscienze più che quello d’informare. 

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