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È calato l'interesse per i videogiochi? Intanto è stata annullata la fiera E3

Le maggiori società produttrici mostrano un minore interesse. Era già successo nei due anni della pandemia. In discussione è l'intero sistema del gaming.

È calato l'interesse per i videogiochi? Intanto è stata annullata la fiera E3
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Elena La Verde Modifica articolo

13 Luglio 2023 - 13.05


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Per quest’anno, l’E3, che sta per Electronic Entertainment Expo di Los Angeles, è stata annullato. Quella che è da sempre stata una delle fiere di riferimento dell’industria dei videogiochi, un evento simbolo per tutti gli appassionati e gli esperti del settore, ha mancato il suo classico appuntamento annuale. Dal 1995 ad oggi, nella sua storia quasi trentennale, è accaduto solo due volte: nel 2020 e nel 2022, edizioni cancellate a causa della pandemia. Dopo un triennio di stallo (nel 2021 l’evento è stato organizzato senza pubblico), per l’edizione del 2023 ci si aspettava un ritorno in grande stile, e invece no.

Le cause di questo flop? Molto probabilmente la mancanza di interesse da parte dei grandi editori e delle maggiori società produttrici di videogiochi, come Nintendo, Sony, Microsoft, Ubisoft e Electronics Art. Queste avrebbero dovuto presentare i loro ultimi prodotti durante la fiera, ma nel corso dei mesi, a mano a mano, a ruota, tutte hanno annunciato che non ne avrebbero preso parte. Gli organizzatori dell’E3 in merito hanno fornito spiegazioni molto vaghe e hanno spiegato che non è questo il motivo della cancellazione dell’evento.

Ognuno può pensare quello che vuole, ma in verità è da qualche anno che l’E3 ha perso il suo mordente. Sono diverse le cause. La pandemia è stata solo la ciliegina sulla torta. Come è cambiato il sistema delle piattaforme, così è mutato in pochissimo tempo l’intero ecosistema del gaming: ci sono altri attori, altri modelli di business, un altro mercato. I produttori e gli editori scelgono altri canali per comunicare con il proprio pubblico. Steam, Origin, G2A sono le piattaforme online più usate per la promozione e la distribuzione dei videogiochi in anteprima esclusiva. Meno copie fisiche, ma più copie digitali su cui puntare la vendita.

E se prima le novità coincidevano con l’arrivo sul mercato di una nuova console, con le sue caratteristiche e specifiche tecniche, oggi invece l’adozione di queste piattaforme ha favorito l’ascesa di un approccio multipiattaforma: ogni gioco è riproducibile non solo su una singola console, ma anche su notebook e i pc progettati a posta per il gaming. Diventa una conseguenza naturale che i videogiochi prodotti tendono ad avere contenuti ed estensioni sempre più digitalizzati (ad esempio, i DLC, i contenuti aggiuntivi post-produzione).

In questo processo, non sono esclusi gli stessi videogiocatori, anche i più esperti chiamati progamers, che si connettono online per giocare con gli altri e creano delle vere e proprie comunità attive, e colgono qualsiasi opportunità che la rete può offrire. Affianco Youtube, c’è anche Twitch, che recentemente ha spopolato alla grandissima. Entrambe le piattaforme sono molto frequentate dai videogiocatori, che macinano ore di streaming, mentre giocano, testano e recensiscono un nuovo titolo. È così: la promozione di un nuovo videogioco passa anche attraverso mezzi e canali digitali.

In sintesi, l’industria del gaming si propone come un apparato sempre più ibrido, in cui si mescolano vecchi e nuove logiche, vecchi e nuovi linguaggi, vecchie e nuove mode: un mondo innovativo e all’avanguardia, ma che ancora è poco conosciuto e in alcuni casi sottovalutato. Se ci pensiamo bene gli esport, ossia le competizioni di videogiochi di livello agonistico e professionistico, sono una realtà lontana anni luce nel nostro paese; il lavoro del progamer, del giocatore professionista e competitivo, non viene presa nemmeno sul serio. Eppure, non ci si deve spostare nei paesi dell’Asia orientale, ma basta dare uno sguardo ai paesi europei per comprendere la rilevanza del fenomeno. Ma questa è un’altra storia.

E ritornando sull’E3, sul suo futuro restano molte incertezze. Le prossime edizioni non sono state confermate e qualcuno pensa che non saranno nemmeno organizzate. Sicuramente, agli esperti e alla stampa del settore, mancherà tantissimo. Agli appassionati, che lo hanno vissuto fin dall’inizio, seguendo ogni anno le interminabili ore della rassegna, mancherà lo stesso. A tutti, mancherà. La sua fine segnerebbe la chiusura di un’era. E tutto sommato, andrebbe bene anche così.

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