di Giuseppe Castellino
Uscendo da un turbinio di crisi senza fine (prima pandemica, poi economica e sociale, adesso internazionale) quello che si è chiesto alla politica è stato un atto di responsabilità: mettere da parte le divisioni politiche, unire le forze e formare un governo di unità nazionale per portare avanti la legislatura e navigare fuori dal vortice. Questa stessa richiesta di responsabilità è durata assai poco, il tempo della foto di rito per l’insediamento di Mario Draghi. Un governo di unità nazionale non deve fare lotte intestine per prepararsi alle elezioni screditando il vicino di banco. Soprattutto adesso che abbiamo davanti non dei veri politici, ma più dei politicanti allo sbaraglio.
La fiducia è venuta meno, tuttavia mi chiedo quale fiducia. È la fiducia al governo? O la nostra fiducia nei confronti della politica? Noi giovani ci apprestiamo a vivere nel periodo più duro della storia dell’umanità: non sappiamo se e in quale pianeta vivremo, sulle macerie di un mondo che la pandemia ha spazzato via. Volevamo un riferimento su come raccogliere i cocci e ricostruire tutto. Abbiamo solo trovato vecchie generazioni che hanno preferito voltare le spalle e lasciarci in balia di noi stessi.
Senza addentrarsi troppo in tecnicismi politici, chi ha capito che poteva governare oltre a questa maggioranza ha deciso di buttare il tavolo in aria. Ha messo da parte forse l’uomo più illustre che aveva (anche se non era il più amato) e ha pensato al proprio tornaconto personale. In questo momento trovare parole per commentare è difficile, è meglio che il silenzio dello sgomento riecheggi in queste righe e lasci spazio alla riflessione su chi siamo e dove siamo diretti.