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Elia Frollà: troppo indebolita la voce del mondo universitario

Di fronte ad un evento dalle conseguenze imponderabili, il nostro giornale sceglie di far esprimere chi di solito riporta il pensiero degli altri. I nostri studenti-redattori.

Elia Frollà: troppo indebolita la voce del mondo universitario
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21 Luglio 2022 - 18.25


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di Elia Frollà

Dopo gli ultimi giorni di follia, la crisi annunciata si è compiuta con le dimissioni del premier Mario Draghi. Ci si chiede allora quali possano essere le conseguenze: che impatto avrà questa ennesima crisi di governo sul nostro paese? La sensazione comune è che uno scenario di partenza già molto grave, segnato dalla pandemia, dal conflitto russo-ucraino, dai conseguenti problemi di approvvigionamento energetico e alimentare, sia stato ulteriormente peggiorato.

Non si può non notare, infatti, come in queste ultime ore si siano susseguiti appelli accorati affinché il Presidente del Consiglio rimanesse in carica e affinché la crisi venisse risolta nel migliore dei modi. Si pensi – per fare degli esempi – a quello dei sindaci, a quello dei professionisti sanitari, che scongiurano una ‹‹crisi al buio››, i neuroscienziati, che non nascondono la loro preoccupazione, e le manifestazioni in piazza che ci sono state nelle scorse ore.

Da studente universitario mi sento di condividere una buona parte di quanto scritto dal presidente della Crui Ferruccio Resta, perché temo che abbia inquadrato lo stato emotivo di stanchezza e sfiducia nel futuro, nonché la debolezza della nostra voce nel polverone che si è alzato. La crisi di governo, quindi, coglie in una fase di costruzione importante, in cui le questioni sul tavolo erano molte, dal problema del diritto allo studio fino al divario di genere, passando per la riorganizzazione delle carriere universitarie. Il rischio, come in altri settori, del resto, è che questi problemi passino in secondo piano, vengano congelati o demandati ad altri.

È evidente che Mario Draghi sia una figura sommamente stimata in campo internazionale, in grado di ridare una credibilità, da tempo perduta, alla nostra politica. Ed è certamente pericoloso privare della stabilità necessaria il paese in una fase così delicata.

Nonostante ciò, forse, gli eventi di questi giorni lasciano trasparire anche un altro problema più vasto: aspettare, più o meno unanimemente, che una figura di spicco regga le sorti di una nazione – si vedano a tal proposito gli appelli di Renzi, Calenda e Scurati, che si potrebbero aggiungere ai precedenti citati – non è segno di una democrazia esausta, di un ambiente politico che non risulta più credibile? Non sarebbe doveroso anche riflettere su questo fatto?

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