Alzi una mano chi non ha mai indossato un paio di blue jeans Levi’s, magari i classici Levi’s modello 501. Non vedo mani alzate! E lo credo bene, lo abbiamo fatto tutti e continuiamo a farlo anche senza chiedersi quando e perché sono nati. Avvenne esattamente 149 anni fa e si chiamavano allora “waist overalls”, salopette. Il 20 maggio del 1873 fu registrato il loro brevetto da un uomo di origine ebrea, Löb Strauß, nato nel 1829 in Germania e che giovanissimo decise di lasciare il suo paese. Come molti suoi connazionali Löb sbarcò a New York. Qui l’attendevano i suoi due fratelli maggiori che avevano da qualche anno avviato una già fiorente industria di abbigliamento.
Il ragazzo non resistette molto nella grande mela e se ne andò nel ranch di uno zio, nel Kentucky, con l’idea di doverlo in futuro sostituire alla guida della proprietà. Ma il selvaggio west non faceva per lui che aveva il pallino dell’imprenditore e, dopo aver ben imparato la lingua ed essere diventato cittadino statunitense, inglesizzò il suo nome in Levi Strauss e si trasferì in California. San Francisco era la sua meta e, con la “corsa all’oro” che stava esplodendo, rappresentava la città ideale per seguire le orme dei fratelli. Levi Strauss all’inizio vendeva solo mercerie e tessuti ai minatori californiani viaggiando con il conestega, il carro dei pionieri. Prestando però attenzione alle priorità dei minatori si rese conto che curare la resistenza dei capi di abbigliamento, voleva dire impedirne il rapido logoramento dal duro lavoro di miniera.
Fiutato il business, nel 1853, impiantò un’azienda di tessuti speciali da soddisfare le necessità di abbigliamento da lavoro dei minatori ma anche quella dei rivestimenti dei carri dei pionieri e delle imbarcazioni a vela. Levi pensò a un tessuto francese composto da cotone e lino intrecciati in diagonale, molto resistente e la cui colorazione blu era data da il guado, una pianta della famiglia delle brassicacee diffusa in Provenza. Il tessuto si chiamava “serge de Nimés” dal nome della città del sud della Francia, nome che fu facilmente inglesizzato in “denim”. Un sarto amico di Levi, Jacob Davis, gli consigliò di abbinare alla robustezza del tessuto denim i rivetti di rame che avrebbero rafforzato la resistenza nei punti cruciali delle tasche in modo che non si scucissero con il peso degli attrezzi metallici utilizzati in miniera. Dalla loro collaborazione, il 20 maggio del 1873, nacque la registrazione del brevetto numero 139.121 e la nuova società Levi Strauss & Co.
Il nuovo brand iniziò con il lancio delle salopette in tessuto denim che, con le bretelle incorporate e quella tasca centrale disegnata per contenere gli attrezzi del mestiere, divenne l’immancabile divisa da lavoro dei minatori ed operai americani. Poi si passò ai classici pantaloni a cinque tasche usate anche dai cowboys con quella piccola taschina, la quinta, che aveva lo scopo di proteggere gli orologi da taschino. Nel 1886 arrivò, dalla creatività del nipote di Levi, l’etichetta in cuoio con l’immagine dei due cavalli che tirano da un lato all’altro il paio di pantaloni come per testarne la resistenza. Insieme alla piccola etichetta rossa cucita a bandiera lungo il bordo della tasca, divennero e restano ancor oggi l’emblema di differenziazione amata dai consumatori di tutto il mondo.
Il famoso Levi’s modello 501 nacque pochi anni dopo, nel 1890, ma non era avvolgente come oggi, in quanto molto largo in vita tanto da essere regolato da una fibbia posteriore che permetteva di essere usato anche senza cintura. Pare che il numero si riferisse solo al fatto che 501 era il primo dei numeri seriali progressivi che cominciarono ad essere attribuiti a partire da quel modello.
Ma, se c’avete fatto caso, quei pantaloni da lavoro continuavano a chiamarsi salopette e solo a partire dagli anni Sessanta vennero pubblicizzati, per la prima volta, come blue jeans. Un termine ispirato dalla storia europea, quella di un tessuto pregiato intrecciato anch’esso in diagonale contenente cotone importato dall’India e chiamato fustagno. Infatti fu nel Quindicesimo secolo, quando il cotone perse valore, che la città di Chieri divenne famosa per la produzione del fustagno in cotone e lino e che i piemontesi chiamavano il “blue de Genes”, perché tinto di blu e perché partiva da Genova dove i mercanti locali monopolizzavano le spedizioni verso i paesi del nord e dell’America. E fu proprio sfruttando l’assonanza con “blue de Genes” che gli americani iniziarono a pubblicizzare le salopette con il nome “blue jeans”.
Quando il denim di Levi Strauss & Co., che intanto aveva creato anche la versione femminile, salì alla ribalta in Europa dopo la seconda Guerra Mondiale, lo fece attraverso il cinema. Marlon Brando dette l’avvio ad una nuova era del denim indossandolo come capo casual nel film “Il selvaggio” del 1953. Poi James Dean, Elvis Presley e Marylin Monroe fecero altrettanto imponendo una nuova moda giovanile, per la prima volta unisex, che negli anni della ribellione sessantottina e con finalmente il nome di blue jeans, divenne il simbolo di libertà e di uguaglianza fra i sessi.
Fermiamoci qui. Il resto è un’altra storia, storia di globalizzazione e marketing.