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Le donne della Resistenza

Un ruolo che solo recentemente è stato rivalutato. Ne abbiamo parlato con Laura Mattei, direttrice scientifica del percorso museale “Stanze della Memoria” di Siena, co-autrice del libro “Storia della resistenza senese”.

Le donne della Resistenza
I murales alla Barona di Milano sulle donne partigiane
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24 Aprile 2022 - 17.30


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di Marialaura Baldino

Ne è passato di tempo da quell’ 8 settembre, per arrivare a concepire un’idea di resistenza compiuta dalle donne che avesse anche un’importanza politica e ideologica. Non è stato un processo semplice. Ma più che di processo, forse sarebbe meglio parlare di una conquista.

Come spiega la nostra interlocutrice, la direttrice Laura Mattei, delle donne nella Resistenza se ne è parlato anche subito dopo la fine del conflitto, inserendole però in un sistema di significati relegato a quello che era l’unico ruolo attribuibile alla donna del tempo. Una donna sì resistente, ma più che altro una madre, che protegge, che cura e che si presta a dare soccorso ai partigiani o ai soldati mutilati salvandoli così dalla deportazione o anche dalla morte.

La storiografia ha poi fatto il resto; categorizzando e canonizzando dei concetti ma anche degli stereotipi, per tanti decenni non ha individuato delle categorie interpretative nuove, che includessero al loro interno l’azione di resistenza compiuta dalle partigiane italiane.

La Resistenza femminile è sempre stata concepita quindi come un’azione più semplice rispetto a quella maschile, marginale, quasi minuta, familiare a volte, anche estemporanea rispetto a quella sedimentata idea di guerra, di rivolta tutta al maschile. Ma nella conquista del riconoscimento del ruolo delle donne partigiane non si fa altro che creare una categoria di interpretazione storiografica che immette le donne nella Storia.

Come spiega la direttrice Mattei, è accaduto infatti che dopo la fine del conflitto, nonostante che le donne avessero provato una sorta di emancipazione proprio grazie alla loro partecipazione alla Resistenza, con il ritorno della vita ordinaria si ritornò anche ad un fluire ordinario della Storia, finendo così per dimenticare il loro ruolo e l’importante contributo apportato alla Liberazione.

Citando Patrizia Gabrielli, professoressa ordinaria di Storia sociale dell’Italia e Storia di Genere trans-nazionale presso l’Università di Siena, Laura Mattei afferma: “E’ vero che è difficile dire quante donne hanno fatto la Resistenza, perché tutte le donne hanno fatto la Resistenza”. In un modo o nell’altro, e anche se non attraverso azioni militari, ogni donna del tempo ha compiuto la propria resistenza, attraverso azioni politiche, o anche personali, acquisendo piena consapevolezza del significato delle azioni compiute anche in un momento successivo, ragionando e ripensando a ciò che avevano realizzato.

I ruoli sociali del tempo, ma anche oggi, erano così definiti e prescrittivi che era difficile pensare che una donna potesse compiere ciò che per il suo ruolo era considerato violento. Era difficile immaginare una donna che potesse imbracciare armi, o magari partecipare attivamente alle rappresaglie contro l’esercito Nazi-Fascista. Eppure, in alcuni casi, così è stato.

Innumerevoli sono le testimonianze di staffette partigiane, pronte a consegnare cibo, armi, informazioni e materiali di propaganda, rischiando torture, violenze sessuali, rischiando la vita. Ma fino a poco tempo fa, si poteva essere identificate come partigiane solo se la partecipazione alla lotta armata era durata per almeno tre mesi all’interno di un gruppo organizzato riconosciuto. Il continuo spostamento delle staffette non permetteva però la precisa documentazione delle attività di resistenza, con il risultato che solo una piccola parte di esse ha potuto ottenere il riconoscimento che meritavano. Altre invece, non lo hanno nemmeno chiesto, affermando che ciò che avevano compiuto era solo stato fatto in segno di dovere civile e morale.

Laura Mattei ci riporta un’intervista fatta ad una donna originaria di Rapolano Terme, in provincia di Siena. Nel raccontare quel periodo la donna dice: “Noi, le donne, i ragazzi, noi s’è fatto la Resistenza. S’è lavorato, fatto i figli, curato la casa, arati i campi, s’è procurato e fornito di armi i civili e i soldati rivoltosi. S’è cercato quanto più possibile difenderci dai tedeschi. S’è mandata avanti l’Italia”. Una donna, una di quelle poche che nel dopoguerra grazie alla nascita dell’U.D. I, del C.I.F, di tutte quelle organizzazione femminili che aiutarono le persone, le donne a ripensare alle loro vicende e ad assumere consapevolezza di quello che avevano compiuto.

La ricorrenza del 25 Aprile, quindi, serve anche a questo: a ricordare il ruolo delle donne nella Storia come portatrici di valori di pace, nonostante oggi come allora costrette a confrontarsi con i drammi delle guerre, ma anche a continuare a lottare per il raggiungimento di una memoria più egualitaria.

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