La Vespa. Com’è nato un mito italiano nel mondo | Culture
Top

La Vespa. Com’è nato un mito italiano nel mondo

Fu presentata a Torino il 24 marzo 1946, ma dietro c’è una storia di uomini, luoghi e tempi

La Vespa. Com’è nato un mito italiano nel mondo
Memoria
Preroll

Marcello Cecconi Modifica articolo

24 Marzo 2022 - 10.01


ATF

La Vespa fece la sua prima sorprendente apparizione all’inizio della primavera del 1946. La domenica 24 marzo apparve alla Mostra della Meccanica e Metallurgia a Torino. Fu un assaggio che riscosse un buon successo concretizzato in alcuni contratti d’acquisto. Enrico Piaggio, capo dell’azienda costruttrice, ebbe così il primissimo riscontro positivo per poter continuare questo suo progetto innovativo.

                    La prima Vespa presentata il 24 marzo 1946 e prodotta in serie

Soddisfatto, il giorno dopo, ringraziò il Direttore dello stabilimento e tutte le maestranze di Pontedera con una lettera che diceva: “Ho il piacere di comunicarVi che i primi esemplari hanno incontrato l’ammirazione generale. Vi esprimo il mio più vivo compiacimento, certo che con l’unione di tutte le forze, potremo segnare altri passi importanti per la nostra ripresa industriale”. Niente fu improvvisato, la campagna di comunicazione fu pianificata con cura e nei giorni successivi il motoscooter fu presentato ufficialmente.

Si partì il 29 marzo dal Circolo del Golf di Roma, presente il generale americano Stone in rappresentanza del governo statunitense, con l’evento che finì nel Movietone, il cinegiornale americano della Fox. Gli italiani potettero vedere la Vespa nella copertina in bianco e nero de La Moto del 15 aprile e toccarla con mano alla Fiera di Milano dello stesso anno. Il brevetto fu depositato a Firenze in data 23 aprile 1946 mentre diversi annunci pubblicitari trovarono spazio sui principali quotidiani. Da allora sono trascorsi esattamente 76 anni e della Vespa ne sono state vendute più di 20 milioni di esemplari. Un successo di meccanica e di stile per quella che è riconosciuta come un’icona di italianità nel mondo intero e oggetto di continua attenzione mediatica.  

Ma cosa c’era alla base dell’idea? La Piaggio & C. era nata a Sestri Ponente nel 1887 per costruire arredi in legno per navi di lusso ma presto si riciclò nel più nuovo e attrattivo settore ferroviario con un’attività di costruzione e riparazione di carrozze. Dal 1915 si occupò anche della riparazione di idrovolanti e, due anni dopo, con l’acquisto di un’azienda aeronautica di Pisa, iniziò l’avventura di progettazione e costruzione di velivoli. Il successo della produzione convinse l’azienda a espandersi e, nel 1924, acquisì lo stabilimento Costruzione meccaniche nazionali di Pontedera dove fu dislocata la produzione dei motori per gli aerei. La progettazione era affidata a una squadra di ingegneri che seppe rinnovarsi, anche durante la crisi degli anni Trenta, con nuovi talenti fra i quali Corradino d’Ascanio. Quest’ultimo divenne pian piano l’uomo di punta di Piaggio realizzando prototipi di elicottero ma, come vedremo, sarà anche “l’uomo” della Vespa.

Nel 1944, in seguito ai danni subiti dagli stabilimenti di Pontedera per i bombardamenti Alleati, macchinari e maestranze furono trasferiti a Biella per continuare la produzione di motori e parti di aereo da spedire all’ancora “parziale alleato” tedesco. Fu proprio qui, durante il periodo biellese, che la lungimiranza della Piaggio fu vincente. Si pensò, terminate ovviamente le commesse militari, a come trasformare la produzione bellica in civile. Enrico Piaggio suggerì ai progettisti di indirizzarsi verso un mezzo di trasporto maneggevole e poco costoso.

                   Prototipo MP5 “Il paperino”

Il primo disegno del 31 agosto 1944, siglato MP1, era quello di una motocicletta leggera, un modello di motoscooter giocosamente chiamato “Paperino”. La quinta variante del disegno, MP5, fu costruita per intero a mano di nascosto a nazisti e partigiani e il primo esemplare, terminato nella primavera del 1945, fu collaudato nelle strade di Biella durante il coprifuoco. Enrico Piaggio non fu soddisfatto di questo prototipo che aveva il tunnel centrale scomodo tipico della motocicletta e, per risolvere il problema, chiamò l’ingegnere Corradino d’Ascanio, il progettista di elicotteri che “odiava le motociclette”. Piaggio voleva una moto comoda, facile da cavalcare e D’Ascanio si mise all’opera.

Sfruttando le conoscenze di progettista aeronautico pensò a una moto a scocca portante, senza la struttura tubolare e, dunque, senza il tunnel centrale. Pensò a una sospensione anteriore prendendo spunto da quella dei carrelli per e ad un motore con concetto rubato a quello d’accensione degli aerei. Per praticità pose il cambio sul manubrio coprendo il motore con il telaio, come già fatto sull’MP5, per evitare quelle consuete macchie sugli indumenti che la perdita d’olio delle motociclette causavano. Decise anche di aggiungere la ruota di scorta sapendo quanto le forature erano frequenti nelle strade di allora e per la posizione di guida pensò a una persona seduta comodamente su una poltrona. Era nata quella che sarebbe diventata la prima Vespa. Il modello MP6, con alcuni prototipi realizzati sempre a Biella.

Prototipo MP6

Finita la guerra, a Pontedera iniziò la ricostruzione degli stabilimenti Piaggio grazie allo Stato che, anche se parzialmente, saldò all’azienda le forniture effettuate prima dell’armistizio dell’8 settembre 1943, mai pagate. Grazie alla boccata d’ossigeno finanziaria la Piaggio mise in moto la catena di produzione della prima serie di quella che sarebbe poi diventato uno dei prodotti di design italiano più famosi al mondo.

Native

Articoli correlati