L’11 febbraio del 1929 il Cardinale Pietro Gasparri e Benito Mussolini sottoscrissero i Patti Lateranensi tra Vaticano e Regno d’Italia riconciliando i rapporti che si erano completamente interrotti cinquantanove anni prima. Erano state le cannonate contro le mura di Porta Pia a far interrompere i rapporti. Il generale Raffaele Cadorna, il 20 settembre 1870, alla guida dei bersaglieri del regno entrò nello Stato Pontificio portando a compimento gli obiettivi risorgimentali che volevano Roma capitale.
Fa effetto rileggere oggi, quello che annotava un giovanissimo ufficiale del regio esercito: «La porta Pia era tutta sfracellata; la sola immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materassi fumanti, di berretti di Zuavi, d’armi, di travi, di sassi. Per la breccia vicina entravano rapidamente i nostri reggimenti». Il giovanissimo ufficiale era Edmondo De Amicis che avrebbe raggiunto poi la fama con il libro “Cuore”.
Insomma dove aveva fallito Garibaldi, fermato da Napoleone III che si era eretto a protettore del papato, riusciva a Cadorna. L’impresa era resa più facile dalla sconfitta dell’imperatore dei francesi a Sedan e dalla nascente nuova repubblica che non aveva più interesse a difendere Roma e quello che era rimasto del grande Stato Pontificio. Terminava, dopo mille anni, il potere temporale della Chiesa di Roma.
Pio IX e i suoi successori, da allora, si sono considerati “prigionieri politici” non riconoscendo la legittimità al Regno d’Italia e rendendo, così, complicata la partecipazione attiva dei cattolici italiani alla vita politica. Il Duce, avendo capito questo, anche contro la volontà di molti gerarchi fascisti, volle farsi “amica” la Chiesa in quanto ritenuta capace di influenzare ancora milioni di italiani, tanto da esser ripagato da Pio IX con l’appellativo di “uomo della Provvidenza”.
Si riconosceva la Città del Vaticano come stato indipendente; si erogavano finanziamenti ed esenzioni fiscali al clero cattolico e una posizione di preminenza della religione cattolica nella nazione italiana. Mussolini ottenne quello che voleva: le organizzazioni giovanile cattoliche furono assorbite nell’Opera Nazionale Balilla a esclusione dell’Azione Cattolica limitata ad attività ricreativa e spirituale. Con il “Trattato” il papa riconobbe lo Stato italiano e Roma capitale e lui, a sua volta, riconosciuto come legittimo sovrano della Città del Vaticano, alla quale sarebbe andata anche un’importante somma di denaro. Infine la religione cattolica veniva ufficialmente riconosciuta come “religione di stato” e si dettavano regole per l’esercizio del culto e per lo statuto di sacerdoti e vescovi e, soprattutto, si riconoscevano gli effetti civili del matrimonio cattolico.
Questi accordi furono ricompresi completamente nella nuova Costituzione repubblicana del secondo dopoguerra che, però, prevedeva anche la possibilità di modifiche se accettate da entrambe le parti. Di questa opportunità, ne approfittò nel 1984, il primo governo a guida socialista della storia repubblicana, quello di Bettino Craxi. Dopo lunghe schermaglie, fu varato un “nuovo Concordato”, composto da soli 14 articoli che riguardavano poche ed essenziali materie e, stavolta, l’interlocutrice non fu la Santa Sede ma la Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
La modifica più rilevante fu l’eliminazione di “religione di stato” che ha reso facoltativa e non più obbligatoria l’ora di religione scambiandola con la libertà, per la Chiesa, di istituire scuole che sarebbero state equiparate a quelle pubbliche. Il secondo articolo del nuovo accordo garantisce per la Chiesa «lo svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica». Questo pare che sia l’articolo citato nella nota di protesta che il Vaticano avrebbe spedito al governo relativamente a quel ddl Zan scomparso ormai dai radar mediatici. C’è da pensare come la Chiesa fosse preoccupata che le posizioni esplicite di omofobia di alcuni membri del clero, quando espresse in pubblico, potessero essere perseguite come reato con la possibile entrata in vigore del Decreto Zan.
L’altra parte rilevante del nuovo trattato ha per oggetto il matrimonio. Si passa dal matrimonio sacramento indissolubile del vecchio accordo del 1929 al nuovo Concordato, che tenendo conto della sopraggiunta legge sul divorzio, si limita a riconoscere i soli effetti civili del matrimonio cattolico quando il relativo atto venga trascritto nei registri dello stato civile. In più viene stabilito che le sentenze di annullamento del matrimonio da parte dei tribunali ecclesiastici non rivestono più carattere di necessità per la cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico trascritto. C’è poi l’introduzione di un nuovo metodo di finanziamento della Chiesa, quel meccanismo dell’8 per mille che prevede così un gettito Irpef per Chiesa cattolica.
Giovanni Paolo II, il papa polacco conservatore, spinse per questo nuovo accordo fiutando come in tempi di secolarizzazione fosse stato importante mantenere saldi alcuni dei privilegi. Infatti se da un lato l’accordo ha ottenuto una separazione più netta fra Stato e Chiesa, dall’altro le concessioni hanno minato e minano la completa laicità dello stato. Le agevolazioni fiscali, lo stesso otto per mille e l’obbligo di insegnare la religione cattolica nelle scuole, anche se poi parzialmente modificato, sono concessioni discutibili.
Craxi guidava un governo di larghe intese che escludeva solo il Pci di Berlinguer da un lato e l’Msi di Almirante dall’altro. Il governo Draghi, che esclude solo Fdi e poco altro, potrebbe avere la forza di riprendere il discorso? La controparte stavolta è meno conservatrice: Papa Francesco parla davvero con tutti, Fazio docet!