di Azzurra Arlotto
Una persona che vive in Europa o in America del Nord spreca intorno ai 95–115 kg di cibo all’anno. I consumatori occidentali dunque buttano ogni anno nella spazzatura circa 222 milioni di tonnellate, una quantità quasi pari all’intera produzione alimentare dell’Africa subsahariana (230 milioni di tonnellate). Lo spreco domestico maggiore pro capite si registra in Inghilterra, con 110 kg a testa, seguono Stati Uniti (109 kg) e Italia (108 kg), Francia (99 kg), Germania (82 kg) e Svezia (72 kg).
A questi dati sui gli sprechi alimentari di noi occidentali fa, purtroppo, da contraltare al numero di persone che soffrono la fame nel mondo che è in continuo aumento. La pandemia da Covid-19 sta mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare di un numero ulteriore di persone. E tutto questo avviene nel bel mezzo di una crisi climatica che sembra non arrestarsi. Non a caso Chad Frischmann, uno dei massimi esperti sul cambiamento climatico ha fatto notare come “Ridurre gli sprechi alimentari è una delle azioni più importanti che possiamo fare per contrastare il riscaldamento globale.”
Sprecare cibo equivale, quindi, non solo a cestinare il prodotto alimentare finito, ma anche l’energia e le risorse naturali (come acqua e suolo) che si sono state necessarie durante l’intero ciclo produttivo: dalla produzione agricola, alla lavorazione, alla distribuzione e alla vendita. Produrre cibo che non sarà consumato porta anche a sprechi di fonti fossili, largamente impiegate per coltivare, spostare e processare il cibo, oltre che di metano prodotto quando i rifiuti alimentari vengono buttati in discarica. Nei casi come questi, in cui lo spreco non è direttamente attribuibile al consumatore, si parla di “food loss” mentre nei casi contrari, in cui il comportamento del consumatore incide sullo spreco alimentare, si parla di ” food waste”.
Lo spreco alimentare contribuisce infatti, in maniera rilevante, ad un’ampia varietà di impatti ambientali a scala locale e globale come ad esempio emissioni di gas serra, deforestazione e perdita di biodiversità. La riduzione degli sprechi alimentari ha un potenziale enorme nella riduzione dell’impatto ambientale che hanno la produzione e il consumo di alimenti.
Di fronte a questa situazione non si può e non si deve rimanere a guardare, ognuno di noi può fare la differenza e contribuire alla riduzione dello spreco e di conseguenza alla cura del pianeta. I modi per farlo sono diversi. Partendo da semplici azioni quotidiane come il prestare attenzione alla scadenza dei prodotti acquistati, fare la spesa in modo consapevole acquistando ciò di cui si ha davvero bisogno, preferendo alimenti provenienti da produzioni locali e non solo.
Si può contribuire attraverso associazioni che raccolgono e ridistribuiscono il cibo avanzato dalla produzione agricola e da attività commerciali a strutture caritative (in Italia la ONLUS Fondazione Banco Alimentare) e applicazioni per smartphone che permettono di segnalare cibo avanzato e di mettersi d’accordo con il segnalatore per ritirarlo; ne è un esempio l’applicazione Too good to go che ad oggi copre le principali città europee e, nell’ottobre 2020, ha iniziato le operazioni anche in Nord America. In questo modo chiunque può prendere parte alla lotta antispreco.