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Violenza al carcere di Santa Maria Capua Vetere: perché è sbagliato parlare solo di mele marce

Sulle carceri lo stato italiano ha ricevuto il maggior numero di censure e accuse di violazione dei diritti umani sia da parte della corte di Strasburgo che delle grandi associazioni dei diritti umani,

Violenza al carcere di Santa Maria Capua Vetere: perché è sbagliato parlare solo di mele marce
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Marcello Flores Modifica articolo

1 Luglio 2021 - 21.42


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È certamente una casualità, ma che la notizia delle violenze e delle torture che un gruppo di agenti della polizia penitenziaria di S. Maria Capua Vetere, avvenute circa un anno fa, vengano alla luce proprio adesso, mentre si ricordava il decennale delle violenze e delle torture di polizia e carabinieri al G20 di Genova non è una bella notizia per le nostre istituzioni. 
Questa volta le parole pronunciate immediatamente dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia sono state chiare e incisive (“Tradita la Costituzione. Ferma condanna delle violenze e umiliazioni inflitte ai detenuti”), e contraddicono pesantemente quelle utilizzate nell’ottobre scorso, di fronte a una interrogazione parlamentare, dal suo predecessore, Alfonso Bonafede, secondo cui si era trattato di una “doverosa operazione di ripristino della legalità e agibilità dell’intero reparto”. 
Ma alle parole della Ministra Cartabia debbono seguire dei fatti, e non è assodato che ciò possa avvenire rapidamente e coerentemente, dal momento che del governo fa parte anche la Lega di Matteo Salvini, che ha deciso oggi (giovedì 1 luglio) di presentarsi di fronte al carcere di S. Maria Capua Vetere per testimoniare la sua solidarietà agli agenti di polizia penitenziaria, non a quelli che non sono stati coinvolti o a quelli che in tutte le carceri italiane si comportano con correttezza e professionalità, ma proprio a quelli responsabili, secondo le parole dei giudici che stanno indagando, di una “orribile mattanza”. 
Che molto spesso nelle carceri – in molte carceri, anche se non in tutte – vi siano episodi di violenza e sopraffazione, di umiliazione e degrado della dignità dei detenuti da parte di chi dovrebbe garantire il rispetto della legge e della Costituzione, è troppo noto per ricordare singoli episodi. 
Ma ha ragione Luigi Manconi a mettere sull’avviso a non ripetere ancora una volta che si sia trattato soltanto di poche mele marce. La realtà delle carceri è quella su cui lo stato italiano ha ricevuto il maggior numero di censure e accuse di violazione dei diritti umani sia da parte della corte di Strasburgo che da parte delle grandi associazioni dei diritti umani, per primi Amnesty International e Human Rights Watch. L’occasione sembra giunta per una riflessione profonda, che porti a modificare in profondità la preparazione degli uomini della polizia penitenziaria e il controllo della legalità nelle carceri.
 Ma dalla scarsa indignazione che sembra emergere da troppa parte della politica non è detto che così debba succedere, anche se si tratta di un tema che è sempre stato caro a Marta Cartabia quando era presidente della Corte costituzionale. Non solo.

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