Non c’è scampo. L’attrazione per la diffusione di “cose” preoccupanti, in grado di far scaturire ansia e preoccupazione, è nelle corde del giornalismo contemporaneo. Su tutti i fronti ed oggi in particolare sulle questioni legate alla pandemia.
Evidentemente si sta dentro un modello consolidato, che punta a reggere di fronte alla concorrenza della Rete o dei social, cavalcando l’indole congenita del pubblico dei tg o dei lettori dei giornali, a soffermarsi su ciò che è negativo, tinto di nero o comunque misterioso.
Si noterà che non ho scritto “cattive notizie”, perché di notizie non trattasi, ma di illazioni, congetture, ipotesi, probabilità. E’ successo anche all’indomani della giornata storica in cui le autorità di controllo hanno dato il via libera al vaccino anti-Covid, anche in Europa. Un momento atteso da mesi, sperato e agognato per tornare a vedere quantomeno un barlume di luce dentro il tunnel in cui siamo prigionieri dall’inizio dell’epidemia. Una notizia confortata dall’attendibilità delle procedure rigide con cui le strutture di controllo concedono il via libera ai vaccini. Che sono l’unica strada per tornare ad una vita normale. Al di là della incivile follia dei novax è chiaro che senza il vaccino, le armi del distanziamento sociale, del lavarsi le mani, delle mascherine, dei lockdown, ben presto siano destinate a mostrare la loro debolezza di fronte alla virulenza della pandemia.
Solitamente i media sanno enfatizzare quando decidono di farlo: e allora, magari, sarebbe stato bello ripercorrere le battaglie vinte grazie al vaccino, per esempio contro il vaiolo, malattia terribile ormai sconfitta.
E invece cosa accade a distanza di 24 ore dal semaforo verde ai vaccini? Ecco che spunta subito la “variante inglese”. Gli scienziati ne avevano traccia fin da settembre. Ma, ironia della sorte, questo virus in formato britannico diventa notizia proprio all’indomani dello spiraglio di speranza dato dai vaccini.
Perché? La circostanza basterebbe per ammorbare l’aria, ma si va oltre: i media fanno subito a gara a mettere in dubbio che i vaccini anti-Covid siano in grado di debellare anche la variante inglese. Lo fanno su dati scientifici suffragati? Su certezze acquisite e documentate? Cioè è notizia verificata con fonti attendibili che il vaccino non sia efficace contro la mutazione anglosassone del virus? Perché se così fosse, la diffusione della notizia sarebbe dovuta. Ma non è assolutamente così! Tant’è che decine e decine di scienziati si affrettano ad affermare che, verosimilmente il vaccino anti-Covid può arginare anche la variante inglese.
Come fa Giorgio Palù, virologo dell’Università di Padova, presidente dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) in un’intervista al Messaggero, parlando di “un allarmismo che non é giustificato dai dati scientifici: la mutazione circola già da settembre in Inghilterra, Scozia, Galles, in Sudafrica, ma anche in Olanda e Danimarca. Dati preliminari mostrano che i mutanti sono neutralizzati dagli anticorpi dell’infezione naturale o dei vaccinati. Dal prototipo di Wuhan sono già avvenute migliaia di mutazioni. Nessuna – conclude Palù – è stata correlata con un aumento della virulenza, cioè con una capacità del virus di fare più male, di uccidere di più”.
Dovrebbe bastare, e invece si andrà avanti per giorni e giorni, con il tam-tam mediatico sugli effetti della variante inglese, proprio nel momento in cui l’attenzione dell’opinione pubblica dovrebbe essere concentrata sull’equazione vaccino=speranza. E invece si aumentano nuovi dubbi, paure, angosce, nelle persone già smarrite dai numeri debordanti delle vittime della pandemia.
Perché? Già le campagne di fake news sui vaccini imperano da anni sui social. Le testate giornalistiche non dovrebbero cedere all’enfasi dell’allarmismo. Aumentare il rigore su ciò che viene diffuso, capire che le persone sono particolarmente attente a tutto ciò che ruota intorno al Covid, dovrebbe essere una prassi nel mezzo di una pandemia. Non è questione di censura: nessuna notizia deve essere censurata, anche la più terribile. Ma l’illazione, la congettura, la diffusione del dubbio rispetto all’efficacia del vaccino, dovrebbero essere accantonate. Non c’è davvero bisogno di alimentare la paura, mentre ci accingiamo a trascorrere il peggior Natale dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.