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Berlusconi: le crisi esaltavano il suo genio e della crisi del paese è stato l'emblema

Serviranno anni per capire se Berlusconi fu angelo o diavolo. Servirà ripercorrere sia le pagine chiare che le pagine oscure della sua frenetica vita e delle inestricabili attività

Berlusconi: le crisi  esaltavano il suo genio  e della crisi del paese è stato l'emblema
Silvio Berlusconi
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Maurizio Boldrini Modifica articolo

12 Giugno 2023 - 14.55 Globalist.it


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Odiato, amato, osannato, discusso. Gli aggettivi si sprecheranno. Sarà descritto ogni suo piccolo passaggio sul pianeta.  L’unica speranza è che, nel delicato momento della sua scomparsa, non si ricreino gli stessi schieramenti che ci hanno avvelenato decenni di politica e costretti a diventare pro o anti. Quando vengono meno i personaggi che hanno fatto la storia di questa piccola Italia, si avverte comunque un senso di gelo. Il molto rumore produrrà, una volta tanto, silenzio e vuoto e non solo per rispettare l’antico detto latino “de mortuis nihil nisi bonum”. 

Serviranno anni per capire se angelo o diavolo. Servirà ripercorrere sia le pagine chiare che le pagine oscure della sua frenetica vita e delle inestricabili attività . Ci vorranno anni per capire se i cambiamenti che apportato – nella televisione, nella politica, nelle istituzioni e nel calcio – siano il frutto solo di un’innata fantasia e capacità creativa o se le idee si siano potute trasformare in azioni, cioè in solide strutture editoriali e in forme politiche, perché supportate da indefinibili contesti a lui favorevoli. 

Le crisi sono state il suo terreno preferito di conquista e di sconfitta. L’ho potuto verificare nel piccolo campo che coltivo, l’editoria. Con un tempismo notevole capì che quel Giornale diretto da Indro Montanelli andava preso e rilanciato. E però, sarà proprio quel foglio a portarlo poi alla drastica rottura con il grande toscanaccio. Con altrettanto tempismo capì che gli editori italiani, molto avvezzi a stampar libri, avevano poco a che fare con la televisione e nel giro di poco più di un anno ingoiò i resti dei tentativi messi in atto da Mondadori e Rusconi.  La pubblicità girava intensamente nei cieli italici e il medium televisivo ne faceva incetta: lui e il suo staff captarono  questo fenomeno, riuscendo a mettere in piedi in primo sistema televisivo privato. Poi a far pace con la stessa Rai  aderendo all’invenzione di quel” duopolio perfetto” che, anche grazie alle leggi fatte ad hoc dai governi d’epoca, si trasformerà in modello che ha retto per decenni. 

E sarà ancora una grande crisi a renderlo protagonista. Adorava avventurarsi nei grovigli delle crisi. Tangentopoli, il crollo della Prima Repubblica, la caduta del muro.  I partiti che sono  costretti alle corde o a sparire o a fare feroci autocritiche.  Sa che i voti dei democristiani e dei socialisti sono in libera uscita, sa che a lui guarda ciò che resta di quello schieramento centrista.  Raduna un manipolo di grandi esperti che hanno a che fare con la semiotica, la linguistica, la comunicazione politica. Sono esperti italiani e d’oltralpe.  Gli suggeriscono di non usare parole abusate e ormai non amate (partito); di giocare sulla sua  discesa in campo nello sport; di non imitare in nulla e per nulla i sacri riti dei partiti ( palchi con baldacchini), Via tutto, colori e stemmi. Quant’è bello il cielo azzurro, il tricolore, un uomo solo in mezzo al palco, una bella musichetta. La televisione trasforma la politica. Un processo che diventa irreversibile. 

Di crisi ne ha anche provocate tante. Scandali, processi, fughe e riparazioni. Gli odiati giudici. L’amore per l’amore. Oltre ogni limite. Cacciato, con la folla inferocita dopo che Spread si era impennato. Si può dire che proprio le crisi sono state il suo terreno prediletto. Anticipandole, comprendendole, dandole risposta, creandole.  Le crisi esaltavano il suo genio. E della crisi del Paese è stato l’emblema.  

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