Quasi tre aziende agricole su quattro (74%) adottano almeno una pratica circolare, quello specifico modello che si basa sull’utilizzo rigenerativo e sostenibile delle risorse naturali, al fine di ridurne lo spreco e prevenirne l’esaurimento. Il mondo agricolo italiano si sta muovendo concretamente verso la sostenibilità.
Nelle imprese molto grandi l’utilizzo di queste pratiche si attesta al 82%, nelle grandi al 77%, nelle medie al 76% e in quelle piccole al 73%.
Tutto ciò è emerso grazie alla ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, presentata pochi giorni fa al convegno “Sostenibilità al plurale: strategie e relazioni per la filiera agroalimentare in trasformazione”.
Tra le pratiche più diffuse troviamo quelle cosiddette ‘rigenerative’, che puntano ad esempio al mantenimento degli ecosistemi, alla tutela della biodiversità o che mirano ad un’agricoltura integrata e conservativa.
Quasi un’azienda su due adotta poi l’utilizzo delle materie prime che sono state ricavate da scarti di processo, energia ottenuta da fonti rinnovabili e acqua riutilizzata.
Tra le altre anche il recupero, la donazione, la ritrasformazione e la valorizzazione dei prodotti in eccesso, oltre al riutilizzo delle biomasse e degli scarti come materie prime all’interno delle industrie, dei fertilizzanti agricoli o in altre applicazioni.
La strada che però resta più percorribile, all’interno di un processo che riguarda la transizione sostenibile dei sistemi alimentari, è quella della ‘filiera corta’, dove i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) fungono da possibile alternativa ai canali distributivi tradizionali, nonostante la Grande Distribuzione continui a dare più garanzie riguardo al risparmio e alla facilità d’acquisto.
Il cambiamento è in atto, e l’agricoltura sembra pronta a raccogliere la sfida della sostenibilità. Non solo per il bene del pianeta, ma anche per costruire un futuro più stabile e innovativo per l’intera filiera agroalimentare.