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di Chiara Guzzarri
E’ stato un vero innovatore, un artista poliedrico che giocava con le parole, spesso rendendole fonte di comicità; un narratore che oltre alla penna usava, spesso, la macchina fotografica. Gianni Celati si era potuto misurare con i romanzi, con la saggistica e con la traduzione: solo uno con la sua fantasia, e con una profonda e perfetta conoscenza della lingua poteva, misurarsi con i testi complessi, come quelli di Joyce. Se n’è andato, di notte, due giorni fa, a Brighton, dove viveva da alcuni decenni con la moglie Gillian Haley. Aveva 84 anni. Ora lo piange il mondo della cultura e della poesia insieme a coloro che amano la scrittura e che lo hanno seguito nella costante evoluzione di scrittore.
Dario Franceschini, ministro della cultura ha riassunto in poche battute il senso di questa perdita: “È un giorno triste per la letteratura e per il nostro paese che perde anche un attento osservatore che ha saputo raccontare con semplicità l’Italia meno conosciuta, l’Italia dell’altrove. Mi stringo ai familiari e agli amici di Gianni Celati in questo triste giorno”. Come Tondelli, e pochi altri di quell’ardita generazione di innovatori, Celati aveva generato un modo di narrare mondi inesplorati, seppure vicini, facendo conoscere ai lettori luoghi e sentimenti fino ad allora rimasti inespressi.
Giovanni Celati, detto Gianni, era nato a Sondrio, dove la famiglia si era trasferita per seguire il lavoro del padre. In realtà proprio per il carattere del padre, cambia spesso città entrando, fin da piccolo in contatto, con multiformi realtà. Il periodo più lungo dell’adolescenza lo passerà in provincia di Ferrara. Si laurea a Bologna con una tesi sull’Ulisse di Joyce; scrive articoli per molte riviste come Marcatré, Lingua e stile, Il Verri, Il Caffè, Quindici, Sigma, tanto per citarne alcune. Inizia a pubblicare anche le prime traduzioni, tra cui Futilità di William Gerhardie e Colloqui con il Professor Y di Louis-Ferdinand Céline. Nella narrativa debutta nel 1971, pubblicando il suo primo romanzo, Comiche, per Einaudi (nella collana La ricerca letteraria, con una nota di Italo Calvino) mentre collabora a Periodo Ipotetico e a diverse altre riviste. Era stato proprio Calvino a proporlo a Manganelli che allora dirigeva quella collana considerata sperimentale. Un rapporto tra i due che durerà oltre i giorni dell’esordio.
Celati racconterà con queste parole Italo Calvino negli anni di Einaudi: ‘’Quando Calvino veniva in Italia da Parigi, per andare a lavorare da Einaudi, una settimana al mese, mi telefonava tutti i giorni e ci scambiavamo idee. Io avevo la borsa di studio a Londra e viaggiavo con una macchina scassata: un camion mi aveva tamponato e la portiera mi arrivava fino alla spalla. Ma con quella macchina andavo avanti e indietro una volta ogni tre o quattro mesi e , passando da Parigi, mi fermavo a dormire da Calvino”.
Dopo una parentesi negli Usa, diventa docente di letteratura angloamericana al Dams di Bologna: tra i suoi studenti , in quella stravagante facoltà voluta da Umberto Eco, ci sono Pier Vittorio Tondelli, Giacomo Campiotti, Andrea Pazienza e Freak Antoni. In quegli anni riprende anche l’attività di traduttore e nel 1985 torna alla scrittura con Narratori delle pianure, Feltrinelli. Nel 1998 viene premiato con lo Zerilli-Marimò Prize for Italian Fiction dalla New York University. Nel 2016 Mondadori raccoglie nella collana I Meridiani, un’ampia raccolta di opere di Celati, a cura di Marco Belpoliti e Nunzia Palmieri, intitolata Romanzi, cronache e racconti.
Tra le sue opere più note: Narratori delle pianure (1985, premi Cinque Scole e Grinzane Cavour), la trilogia Parlamenti buffi (1989, premio Mondello 1990), La banda dei sospiri. Romanzo d’infanzia (1976), Lunario del paradiso (1978), Avventure in Africa (1998, premio Comisso), Fata Morgana (2005, premi Flaiano e Napoli), Vite di pascolanti (2006, premio Viareggio), Bambini pendolari che si sono perduti (2011), Recita dell’attore Vecchiatto (2013).
Tra le varie traduzioni vi sono anche: Le avventure di Tom Sawyer (1979, Rizzoli), Il richiamo della foresta di Jack London (1986, Einaudi), Bartleby lo scrivano di Melville (1991, Feltrinelli) Poesia della torre di Friedrich Holderlin (1993, Milano), La certosa di Parma di Stendhal (1993, Feltrinelli), I viaggi di Gulliver di Swift (1997, Feltrinelli) All’estremo limite di Jospeh Conrad (2017, Quodlibet).
Si è anche occupato della trascrizione in prosa del poema di Matteo Maria Boiardo, L’Orlando innamorato raccontato in prosa (Einaudi, 1994).
Oltre a romanzi, traduzioni, scritti critici e alla sua saggistica, Gianni Celati ha lasciato anche quattro documentari: Strada provinciale delle anime (1991), Il mondo di Luigi Ghirri (1999), Visioni di case che crollano (Case sparse) (2002), Diol Kadd. Vita, diari e riprese di un viaggio in Senegal (2010).