di Francesca Fradelloni
Cosa si prova ad essere sbilenchi in un mondo di dritti? Incompresi in una vita di formule e meccanica quantistica, codici e combinazioni? Timidi, sgraziati, balbuzienti, antisociali e a sedici anni capire tutto sulla teoria della relatività di Einstein e a vent’anni essere omosessuale nell’Inghilterra della Seconda Guerra Mondiale?
“Eroe guasto” di Antonio Ferrara autore, illustratore e due volte Premio Andersen, edito da Settenove Edizioni (immagine di copertina di Sualzo, pp.112 – 14,00 Euro), è un libro per ragazze e ragazzi, ma che dovrebbero leggere tutti. Che ben fa capire quanto oblio porti il pregiudizio e di come uccida l’ignoranza. Anche i geni.
Come Alan Turing, matematico, logico, crittografo, filosofo, considerato uno dei padri dell’informatica che decriptò i messaggi segreti dell’alta gerarchia nazista, contribuì, grazie al suo impegno scientifico, civile e politico, al suo senso di giustizia, alla sconfitta delle forze nazifasciste durante la Seconda guerra mondiale. Al Bletchley Park, il principale centro di crittoanalisi del Regno Unito, lavorò per anni e lì ideò una macchina elettromeccanica chiamata Bomba, in grado di decodificare codici creati dalla macchina crittografica Enigma usata dall’esercito tedesco.
Correva Turing, con la testa e con le gambe. Voleva che la matematica andasse avanti, voleva che la guerra finisse. Correva forte, aveva i tempi degli olimpionici, ma andava in giro malvestito e mal lavato, sudicio, con una sveglia legata in vita, con in testa solo un obiettivo: sconfiggere i nazisti con i numeri. Con lui lavoravano altri personaggi bizzarri, come lo scrittore Ian Flaming e il campione di scacchi Hugh Alexander. Lavorava sodo: fissava cavi, stringeva valvole, avvitava bulloni per costruire marchingegni e cantava sempre la sua canzoncina preferita, quella del film che aveva visto al cinema: la scena della strega di Biancaneve che intinge la mela nella pozione velenosa. Non gli interessava di essere un regolare. D’altronde, come amava ripetere, la matematica era fatta solo di due cose: intuito e ingegno, del resto non ne aveva bisogno.
Aveva solo una certezza Turing, la certezza che gli avevano insegnato i numeri: la verità costa fatica, ma non bisogna averne paura mai perché la verità ti fa il regalo di renderti te stesso. Anche quando si combinano diavolerie. Come quella volta che convinse i suoi genitori, all’inizio della guerra, a convertire tutti i loro risparmi in lingotti d’argento e a nasconderli in un posto segreto. Tanto segreto che Alan non ritrovò più quel luogo misterioso, lasciandoli a secco.
In questo libro, una storia straordinaria, unica, speciale, fatta di avventure, spionaggio, coraggio, intelligenza sopraffina, ma ai margini. È la storia di un eroe storto, come era, a quei tempi, storta la Storia. Un outsider che non amava comandare e che odiava l’autorità.
Sarebbe potuto diventare un eroe nazionale, Alan Turing, ma era omosessuale, e nonostante il suo impegno fu discriminato, condannato, vessato dalla società dell’epoca e dimenticato.
Si suicidò la sera del 7 giugno del 1954, a 42 anni, dopo aver mangiato una mela immersa in una ciotola con dentro cianuro di potassio. Finì così un’esistenza mitologica e straordinaria senza che nessun principe venisse a svegliarlo. Morì per colpa di una legge omofoba che prevedeva l’imposizione di terapie ormonali a chi esulava dal canone dell’eterosessualità. Turing si tolse la vita in seguito alle “cure” farmacologiche forzate che il tribunale gli aveva imposto, unica alternativa al carcere. La stessa legge, per drammatica ironia della sorte, abolita poco tempo dopo il suo suicidio. Quest’anno, la Storia ha riconosciuto il suo valore e il suo volto comparirà sul retro delle banconote da 50 sterline del Regno Unito. E a noi tutti, il “nostro eroe”.