di Rock Reynolds
La “Perfida Albione”, terra di intrighi e di delitti raccapriccianti che tanto materiale hanno fornito alla produzione letteraria del Regno Unito. Tanti romanzi di spionaggio e tanti noir, dunque. E, naturalmente, tante gialliste di prim’ordine. Forse, non sarebbe male un’indagine psicosociale per dare una spiegazione introspettiva alla scelta del paese di abbandonare la già lontana Europa per fare vela verso orizzonti quanto mai oscuri. Se è vero, in fatti, che la Brexit ha rafforzato in una fetta della popolazione un orgoglio nazionalista mai sopito, facendo leva sulle rassicurazioni dell’inossidabile alleato americano, è altrettanto chiaro che la scelta antieuropea rischia di dare la stura a un effetto valanga che rappresenta la nemesi stessa dell’azzardo compiuto: la Scozia potrebbe essere la prima tessera del puzzle impazzito a chiedere di staccarsi a sua volta dalla Gran Bretagna per ricongiungersi con l’Europa; l’Irlanda resterà sulla soglia, attendendo di vedere gli sviluppi. Insomma, un incubo per chi si è fatto promotore di questo salto nel vuoto.
Di certo, non particolarmente felice dell’allontanamento inglese da Bruxelles è Clare Boyd, autrice di Tre Segreti (Newton Compton Editori, traduzione di Beatrice Messineo, pagg 349, euro 9,90), sua seconda prova italiana dopo Una bugia perfetta, un noir in cui la tensione psicologica monta dalla prima all’ultima pagina, in un crescendo quasi insostenibile che trova il suo sfogo naturale in un brillante finale a sorpresa.
Cosa si nasconde dietro la patina di rispettabilità altoborghese della famiglia Tennant? Il suicidio del primogenito Robert non è mai stato metabolizzato ed è un tabù in famiglia. La ritrosia a parlarne e a sviscerare le ragioni insondabili di una scelta così drammatica rende la vita della sua vedova Francesca un inferno, soprattutto da quando è costretta per ragioni economiche a trasferirsi in una casetta di proprietà dei suoceri e ad avvicinarsi a John, fratello di Robert, con il quale c’è stata più di una innocente attrazione.
Clare Boyd è maestra nel costruire una perfetta storia a incastri nella quale sono i personaggi con le loro imperfezioni a incollare il lettore alla pagina. Suo padre, Don Boyd, è un cineasta, produttore tra gli altri del finto documentario sui Sex Pistols, La grande truffa del rock’n’roll. Sua madre, Hilary Boyd, è a sua volta una romanziera.
Il suo romanzo allude a certe cose più che descriverle. È un talento naturale o lo ha sviluppato nel tempo?
Mi sento lusingata. “Mostra e non dire” è il mantra che mi è stato inculcato nei miei giorni da script editor e io spero di migliorarmi costantemente da quel punto di vista. Non credo sia un talento, altrimenti mi risulterebbe meno difficile! Sono una stakanovista che crede nel lavoro e nella riscrittura.
Jeffery Deaver, un maestro del thriller, dice che non servono sangue e violenza grafica per scrivere un romanzo di suspense. Concorda?
Concordo appieno! Per me, un bel thriller psicologico o un bel noir dovrebbero soprattutto essere imperniati su personaggi interessanti. Sono i moventi dubbiosi e i profili psicologici foschi a tenere alta la tensione narrativa. Se non ti importa sapere perché un personaggio ne pugnala un altro con una matita, non ti importerà nemmeno cosa succede subito dopo.
Si considera una scrittrice di gialli?
I miei ultimi quattro libri hanno finito per essere incasellati nel genere “thriller psicologico”, che immagino sia una categoria del noir, ma di sicuro non sono una scrittrice di noir. Mentre scrivevo Una bugia perfetta, ho trovato davvero stressante il lavoro di ricerca sulle procedure della polizia. Infilare un cadavere nella mia storia non è una cosa che mi venga in modo naturale! Se dovessi etichettare la mia scrittura, la definirei, piuttosto, “suspense domestica”. Tuttavia, va detto che sono i lettori e non gli scrittori a stabilire il genere di un romanzo. Qualsiasi storia che mi consenta di esplorare i lati più oscuri della natura umana mi rende felice!
Il Regno Unito ha dato i natali a grandi gialliste, Agatha Christie, Dorothy L. Sayers, P.D. James, Ruth Rendell, Anne Perry su tutte. Ce n’è qualcuna che le piace particolarmente?
Ammiro queste scrittrici, ma non leggo tanti gialli. Forse farei bene a leggerne di più. Gli autori che mi hanno ispirato sono, Lisa Jewell, David Nicholls, Maggie O’Farrell, Elena Ferrante, Anne Tyler, Toni Morrison, Sally Rooney, Bernadine Evaristo, Iris Murdoch, tra gli altri, Da giovane, leggevo più autori maschi, ma ora sto esplorando le opere di un numero maggiore di donne.
Negli ultimi anni, si è imposta una nouvelle vague di autrici britanniche, sulla scorta del successo de “La ragazza del treno” di Paula Hawkins, peraltro nata in Rhodesia. Secondo lei, quel romanzo ha lanciato un trend?
Mi piacerebbe aver venduto quanto Paula Hawkins. La ragazza del treno ha certamente inaugurato un trend. Improvvisamente, ogni editore voleva libri che scimmiottassero quel particolare tipo di thriller psicologico contorto. Ma capisco perché mai siano stati pochissimi i libri sulla sua scia in grado di spiccare allo stesso modo: descrivere personaggi apprezzabili ma imperfetti è una qualità così come tenere nascosti al lettore grandi segreti e credo che Paula Hawkins sia riuscita brillantemente a fare entrambe le cose.
Deve essere stato impossibile non restare influenzata dall’ambiente creativo della sua famiglia…
Crescere con papà è stato eccitante! La sua passione per i film, la sua tenacia e la sua ambizione mi hanno sempre messa in soggezione. Però, mi ha insegnato a essere ardita e mi ha detto che sarei potuta essere qualsiasi cosa avessi voluto essere. Prima di pubblicare il mio libro, ne ho scritti tre che sono stati respinti da ogni editore esistente sul mercato – un percorso comune a molti scrittori – ma ho ostinatamente seguitato a inoltrare i miei manoscritti. Per questo, devo ringraziare papà. Anche mamma è stata parimenti influente sul piano creativo perché siamo due scrittrici e abbiamo sensibilità simili. Non facciamo altro che chiacchierare di trame e personaggi e cifre di vendita! Lei legge sempre la mia prima stesura e io leggo sempre la sua.
“Tre Segreti” è una critica nemmeno troppo velata di un certo stile di vita alto-borghese. Quant’è importante storicamente l’analisi della società nella letteratura inglese?
Purtroppo, il sistema delle classi è un aspetto fondante del mio paese. Forse, gli scrittori britannici gravitano verso di esso perché è un tratto divisivo, difficile e nostalgico – nonostante metta in crisi la mobilità sociale – e perché le contraddizioni latenti e le scomode tensioni sociali creano un ricco scenario per il viaggio dei protagonisti e per ciò che devono superare. Personalmente, sono affascinata da come le classi superiori celebrano senza vergogna l’elitismo – rappresentato nel mio romanzo da Camilla – e sono felice che tutto questo traspaia in Tre Segreti.
Cosa pensa dell’accordo per l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, in piena pandemia?
Oh, la Brexit per è stata dolorosa! Mi piaceva un sacco fare parte dell’Europa e continuerò silenziosamente a sentirmene parte in senso spirituale e culturale. Come ho detto, credo che la borghesia medio-alta e il suo complesso di superiorità abbiano propagato quell’idea nostalgica della sovranità. Preferisco, però, non occuparmi di tale questione nei miei libri. Forse perché so che molti dei miei lettori inglesi dissentirebbero. La pandemia mi ha terrorizzata. Mi domando se questa paura possa trovare uno spazio nei miei libri. Dubito che possa rappresentare un cambiamento cosciente nella mia scrittura.
In questo momento, cosa sta facendo?
Il mio prossimo libro sarà il più personale che abbia scritto, staccandosi leggermente dall’etichetta di thriller psicologico. Però, spero che sia cupo e avvincente come un thriller che si rispetti. È la storia di una gelosia tra fratelli e di come sgretola l’unità di una famiglia all’apparenza felice. Dovrebbe uscire in febbraio. Spero che il mio editore italiano lo opzioni. E mi piacerebbe tantissimo che i miei libri avessero una trasposizione televisiva. C’è stato dell’interesse, ma nulla di concreto. Chissà che, con il quinto libro, qualcuno bussi alla porta del mio agente!