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Addio Franco Loi, poeta della coscienza critica in milanese

L’autore scriveva in dialetto e ha rappresentato una delle voci principali della nostra letteratura. Aveva quasi 91 anni

Addio Franco Loi, poeta della coscienza critica in milanese
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5 Gennaio 2021 - 12.21


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Genovese dov’era nato il 21 gennaio 1930, Franco Loi aveva fatto del milanese dove si era trasferito da piccolo con la famiglia (padre sardo, madre parmense) la lingua della sua poesia. È morto a Milano ieri 4 gennaio e ne ha dato l’annuncio il sindaco Beppe Sala con un tweet: “Apprendiamo con tristezza la notizia della scomparsa di Franco Loi, poeta e apprezzato criti-co letterario. Di lui Milano ricorderà la sua straordinaria lirica colma di realismo, capace di mescolare diversi elementi ed influenze“. 

“Periferia, amisa di mè ann, / amur de mì secret a la mia vita, / mì camenavi e me pareva i brasc / tremam in scossa d’una vera tusa“ scriveva nella poesia Sota la spiöva me n’andavi sciur … che sta per “Periferica, amica dei miei anni, / amore di me segreto alla mia vita, / io camminavo e mi parevano le braccia / tremarmi in grembo d’una vera ragazza …“ Il testo era nella raccolta Lűnn edita dalla stamperia d’arte fiorentina Il Ponte nel 1992 con incisioni di Fernando Farulli e rimanda direttamente a più elementi della sua poetica: Milano, la periferia, lo sguardo attento alla realtà. Come ricorda Paolo Di Paolo su Repubblica nel suo pezzo di addio al poeta, Loi era una figura dalle varie esperienze professionali: “Era stato operaio allo scalo merci di Milano, contabile alla Stazione centrale, aveva lavorato alla Rinascente, militato nel Pci e nella sinistra extraparlamentare. Scriveva sull’Unità negli anni di Marcello Venturi“.

Loi aveva lavorato a lungo nell’editoria e “nel dopoguerra era stato fra gli ani-matori della Casa della Cultura a Milano, esperienza che ricordava come fondamentale. Il ten-tativo di svegliare le coscienze“, ricorda ancora di Paolo. Perché alla coscienza civile, individuale e collettiva, il poeta e critico assegnava un ruolo centrale. Sempre il critico di Repubblica rievoca queste sue parole: «Restare fermi non ha comunque senso, anche se per pigrizia menta-le o fisica può capitare di cedere alla stanchezza e alla sfiducia. In un tempo come questo di scarse certezze non è raro sentirsi impotenti, abbandonati a sé stessi». Per risollevarsi occorre «la nostra capacità di prendere coscienza, di non giustificare sempre i mezzi della cattiva poli-tica. Di aiutare anche gli altri a prendere coscienza (… ) Speranza e cambiamento sono possibi-li se sappiamo ciò che vogliamo, se lo difendiamo giorno per giorno assumendoci la responsa-bilità delle nostre scelte e dei nostri comportamenti».
Su Avvenire Alessandro Zaccuri lo ritrae così: “Per lui la poesia era un’esperienza di carattere religioso, una specie di illuminazione mistica subito rielaborata in forma razionale“. 

Franco Loi pubblicò la prima raccolta nel 1973, I cart. Seguirono Stròlegh nel 1975, Teater, Liber, Isman, il poema fondamentale L’Angel (con versione più ampia del 1994)  che ispirò nel 2014 il regista Giovanni Martinelli per girare il docu-film sull’autore Il viaggio del poeta. Nel 2020 Garzanti ha ripubblicato l’autobiografia scritta con Mauro Raimondi Da bambino il cielo.

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